L’ACCUSA è di aver timbrato il cartellino e di essere uscita per i fatti suoi. Alla sbarra Virginia Panigalli. Dovrà rispondere di ‘false attestazioni e certificazioni’ l’ex dirigente comunale, nella prima udienza del processo penale a suo carico, fissata per l’8 febbraio prossimo. L’imputazione nasce da una serie di episodi documentati, nell’estate 2012, con le indagine fatte dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza. Indagini dalle quali emerge che l’allora dirigente per Trasporti scolastici istituzionali, politiche del lavoro, ricerca sul federalismo municipale e autonomie locali, in più occasioni aveva timbrato il cartellino magnetico che certificava la sua presenza in servizio, e poi si era allontanata per motivi personali. Lassi di tempo compresi tra i venti minuti e un massimo di circa tre ore. Le uscite dall’ufficio durante l’orario di lavoro non sono proibite ai dirigenti nè ai dipendenti, purché questi ‘ripassino’ il cartellino sospendendo di fatto il tempo di servizio effettivo. Cosa che, secondo l’accusa, la Panigalli non avrebbe fatto in più circostanze. L’ex dirigente, difesa dall’avvocato Massimo Cerbari, ha presentato a suo tempo una memoria difensiva a riguardo. «Ora ci difenderemo al processo che inizia a febbraio», si limita a rilevare il legale. Il Comune nel procedimento penale è parte offesa. Il decreto di citazione a giudizio (sorta di ‘rinvio a giudizio’ per i dipendenti pubblici) è stato firmato dal procuratore capo della Repubblica Paolo Giovagnoli. Il codice penale per il reato in questione – false attestazioni o certificazioni – prevede la reclusione da uno a cinque anni e la multa da 400 a 1.600 euro. Oltre al risarcimento del danno patrimoniale «pari al compenso corrisposto nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno d’immagine subito dall’amministrazione».
Virginia Panigalli, 58 anni, è stata licenziata dal Comune di Rimini nel novembre 2013. Caso rarissimo in Italia, era il secondo al Comune di Rimini dopo il licenziamento dell’ex comandante della polizia urbana Carlo Barbera. Di recente si è aggiunto un terzo ‘benservito’, quello di Davide Rughi, accusato di vendere beni comunali ai mercatini dell’usato. La Panigalli dopo il licenziamento presentò ricorso al giudice del lavoro. Luciano Ardigò, nel settembre 2014, diede però ragione all’amministrazione comunale, rigenttando il ricorso dell’ex dirigente, e condannandola anche al pagamento delle spese legali, oltre 500 euro. La Panigalli dirigeva in passato l’ufficio di supporto al sindaco Alberto Ravaioli, ufficio soppresso dal nuovo sindaco Andrea Gnassi. E conseguente spostamento della dirigente a nuove mansioni (appunto trasporti, lavoro, federalismo, autonomie locali), cosa che la donna non aveva mai accettato, impugnando in sede giudiziaria quello che riteneva un ‘demansionamento’, e rifiutando di svolgere alcune delle nuove mansioni. Rifiuto ritenuto atto di grave insubordinazione dal giudice del lavoro.
