A Rimini si accende una polemica dolorosa e intensa attorno all’uso dell’immagine di Pierina Paganelli, la donna di 78 anni brutalmente uccisa nel suo garage di via del Ciclamino la notte del 3 settembre scorso. La famiglia della vittima, sconvolta e profondamente turbata, ha espresso la propria ferma opposizione all’impiego della foto della madre in una locandina promozionale di una manifestazione organizzata dalla comunità senegalese locale.
L’evento, previsto per sabato prossimo, avrebbe dovuto riunire circa 500 persone per sostenere l’unico indagato per l’omicidio, un uomo di 35 anni di origini senegalesi detenuto dal luglio 2024. Nella prima versione della locandina, poi modificata, il volto di Pierina Paganelli compariva in un fotomontaggio accanto a quello dell’indagato, scelta che ha profondamente indignato i suoi figli.
I legali della famiglia Paganelli, Monica e Marco Lunedei, hanno reso noto che gli eredi della donna hanno formalmente diffidato chiunque stia usando l’immagine della madre per scopi che definiscono speculativi e privi di rispetto. La famiglia ribadisce che la ricerca della verità sull’omicidio è compito esclusivo della Procura e delle istituzioni competenti, e non può essere delegata o strumentalizzata da iniziative esterne.
In particolare, la famiglia non accetta che il volto di Pierina venga associato pubblicamente a quello dell’indagato, che la magistratura ritiene l’unico responsabile, contestandogli anche la premeditazione del delitto. Gli avvocati Lunedei hanno annunciato l’intenzione di tutelare legalmente l’immagine e la memoria della vittima in tutte le sedi giudiziarie opportune, a tutela della dignità e del rispetto che ogni persona merita, soprattutto in momenti così drammatici.
L’episodio riporta all’attenzione l’importanza di un approccio rispettoso e sensibile nei confronti delle vittime di crimini e delle loro famiglie, ricordando come ogni comunicazione pubblica debba essere misurata e consapevole, evitando strumentalizzazioni che rischiano di amplificare il dolore e di creare ulteriori divisioni in una comunità già scossa da un fatto tragico.