Nelle ultime settimane abbiamo battuto parecchio sulla sicurezza informatica. Dunque, per quanto lasci esterrefatti, non ci stupisce affatto l’episodio recente che ha visto sottratti dati sensibili da database sulla carta inattaccabili. Si riaccende così il dibattito sull’urgenza di un deciso intervento. Le indagini, che hanno condotto a diversi arresti, tra cui figure ex appartenenti alle forze di polizia e della sicurezza, svelano uno scenario preoccupante di infiltrazioni destinate non solo al profitto economico, ma anche alla creazione di potenziali leve di ricatto su figure pubbliche. Questo fenomeno, che potrebbe sembrare circoscritto al settore privato e di spionaggio industriale, si configura invece come una minaccia per la stabilità istituzionale e per la sicurezza nazionale, in quanto tocca direttamente banche dati che custodiscono informazioni critiche su cittadini, politici e persino funzionari della giustizia.
Con la crescente digitalizzazione dei servizi, le minacce online non riguardano più solo la protezione dei dati personali, ma assumono una dimensione più ampia che include la privacy di figure strategiche e la trasparenza del sistema. L’Italia, come molte altre nazioni, ha accelerato la digitalizzazione di archivi e banche dati per migliorare l’efficienza amministrativa e ridurre i costi di gestione. Tuttavia, l’adeguamento dei sistemi di sicurezza non ha sempre tenuto il passo, lasciando così vulnerabilità significative che organizzazioni criminali, spesso supportate da ex esperti in campo di sicurezza, riescono a sfruttare. Secondo le ricostruzioni investigative, i dati sottratti comprendevano nozioni dettagliate su identità e situazioni finanziarie, e venivano rivenduti o utilizzati per realizzare dossier segreti, destinati a screditare pubblicamente personalità politiche o ad ottenere vantaggi negoziali tramite ricatti o pressioni.
Alla luce di tali sviluppi, è evidente che i rischi informatici richiedono una risposta decisiva e, soprattutto, continua. Negli ultimi anni, l’Italia ha incrementato gli sforzi per contrastare il cybercrime tramite il rafforzamento delle competenze della Polizia Postale e il coordinamento tra le varie agenzie di sicurezza. Tuttavia, il crescente livello di sofisticazione dei gruppi cybercriminali impone un ulteriore salto di qualità che solo una cooperazione più intensa con enti internazionali e una maggiore formazione interna può assicurare. Sul piano normativo, è necessario aggiornare la legislazione italiana e prevedere normative più severe riguardo l’accesso e la gestione delle banche dati. In parallelo, l’adozione di tecnologie di crittografia avanzata e l’impiego di protocolli di autenticazione biometrica possono fornire livelli di protezione aggiuntivi per minimizzare le possibilità di accesso illecito.
Il recente caso italiano non è solo una violazione dei diritti dei singoli, ma un campanello d’allarme sulla vulnerabilità del sistema, che ha bisogno urgente di un piano strutturale e permanente di sicurezza cibernetica. È cruciale, inoltre, che anche gli utenti finali comprendano l’importanza della sicurezza dei propri dati e siano sensibilizzati sulle misure minime da adottare per proteggersi. Anche a San Marino è improcrastinabile potenziare la Polizia Postale. Occorre dotarla di strumenti all’avanguardia e investire nella formazione del personale. Inoltre, è fondamentale aggiornare le leggi in materia. Il pericolo concreto è ritrovarsi a dover chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati.
Se è vero che a rischio c’è persino la stabilità delle istituzioni democratiche, non esiste spazio per i compromessi. È quindi imperativo investire oggi nelle difese informatiche, per evitare che domani la realtà digitale si possa trasformare in un’arma nelle mani sbagliate.
David Oddone
(La Serenissima)