Robot chirurgico. Tre milioni “buttati”? Le Asl italiane lo utilizzano in comodato gratuito, l’ISS di Bevere e Ciavatta l’ha pagato milioni! … di Enrico Lazzari

Enrico Lazzari

Era il 6 novembre 2020 quando l’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, sulle sue pagine web ufficiali, annunciava la stipula di un “contratto di comodato d’uso gratuito tra AOUP e AB Medica per la fornitura in uso gratuito di un sistema robotico Da Vinci XI (IS4000)…”.

Era, invece, il 4 ottobre dello scorso anno quando, in un comunicato stampa, l’Azienda Sanitaria Locale di Biella rendeva noto l’arrivo di una piattaforma chirurgica robotica, modello Da Vinci XI IS4000, “del valore di 2,5 milioni di euro” e “in comodato d’uso gratuito per 5 anni”.

E’ una lista enorme quella dei risultati che ci propone Google se incaricato di ricercare la frase “comodato d’uso robot chirurgico”. Una semplice ricerca Google che ci conferma come siano tantissimi gli ospedali italiani che hanno un robot chirurgico in comodato d’uso gratuito… Una lista dove, però, non compare l’Ospedale di Stato di San Marino.

Infatti, come noto, l’Istituto per la Sicurezza Sociale del Titano, il robot Da Vinci installato nel reparto di chirurgica del nosocomio di Stato, l’ha pagato. E l’ha pagato quanto mai salato: circa tre milioni di euro, nonostante la formula del comodato gratuito sembri essere quasi una prassi nella vicina Italia, anche per il macchinario prodotto dalla stessa azienda che ha costruito la tecnologica chirurgica utilizzata sul Titano.

Era possibile risparmiare il costo di acquisto per le casse ISS? All’apparenza sì. Anche se, per correttezza di informazione, va ricordato che per la fornitura il Comitato Esecutivo ha emesso un apposito bando pubblico e la scelta finale -presumo- sia stata fatta privilegiando l’offerta più vantaggiosa.

Forse, vien da pensare, con la formula del “comodato d’uso gratuito” i materiali di consumo vengono forniti ad un prezzo maggiore rispetto a quanto applicato a chi, il robot, se l’è acquistato e pagato? Non so, ma scorrendo il Decreto del Direttore Generale della Fondazione IRCCS Ca’ Granda dell’Ospedale Maggiore Policlinico (struttura della Regione Lombardia) n.1430 del 6 maggio 2021 (clicca qui per visionarla) non sembrerebbe…

Scorrendo le cinque pagine, fermandosi a pagina tre, è specificato il costo dei materiali di consumo previsti per “un massimo di 125 interventi”: 365mila euro (per la precisione 364.980,40€ Iva esclusa), stanziati per il periodo dal 1 giugno al 30 novembre 2021. Costi che non sembrano più alti di quelli sostenuti, a parità di interventi realizzati (e non credo che al Politecnico abbiano utilizzato il robot chirurgico per interventi semplici come le ernie inguinali) sul Titano. Anzi, apparentemente, più bassi.

Perchè, allora, mi chiedo -e se lo chiederanno anche i lettori- San Marino ha speso circa tre milioni di euro per l’acquisto del robot chirurgico quando le Asl della vicina Italia non sembrano faticare ad ottenerlo in comodato d’uso gratuito? Una domanda che ritengo doveroso porre, pubblicamente, da queste seguitissime pagine elettroniche, al Segretario di Stato alla Sanità dell’epoca, Roberto Ciavatta del Movimento Rete, e al Direttore Generale Francesco Bevere.

I circa tre milioni spesi nell’acquisto del robot erano evitabili con maggiore oculatezza e attenzione? Oppure, pagare quei tre  milioni e utilizzare un robot chirurgico di proprietà -con il rischio che la tecnologia in questione diventi obsoleta in pochi anni vista l’evoluzione tecnologica frenetica di questi anni- è stata la scelta più economica e più razionale da fare? E, se sì, perchè?

Non intendo accusare nessuno, ma il fatto che nella vicina Italia sia uso frequente non acquistare quel costosissimo macchinario chirurgico ma riceverlo “gratis”, alimenta dei dubbi che meritano un chiarimento, visto che quei soldi sono soldi “pubblici” che, se non destinati al robot, avrebbero potuto finanziare investimenti capaci di permettere il superamento di pesanti criticità del sistema sanitario, andando a lenire i disagi che l’utenza, la cittadinanza sammarinese è costretta a subire anche oggi.

Enrico Lazzari