FORZA ITALIA trasloca a Palazzo Grazioli. La bella sede di San Lorenzo in Lucina, in pieno centro a Roma, simbolo della rinascita azzurra del 2013, chiude. A dare la ferale notizia è lo stesso Silvio Berlusconi che, ieri, all’incontro con i coordinatori regionali del partito, ha dovuto cedere alla realtà dei conti in profondo rosso. «Non ci sono soldi e io non posso più sostenere il partito – ha spiegato il Cavaliere –. La nuova ‘casa’ azzurra sarà proprio palazzo Grazioli. Ci sono spazi a sufficienza…».
Il quartier generale di FI (oltre 3mila metri quadrati con un costo iniziale di 960mila euro di affitto annui) chiuderà entro la fine dell’anno e, visti i debiti, Berlusconi ha annunciato che parteciperà a cene di finanziamento in tutta Italia.
Parallelamente, l’ex premier persegue l’obiettivo di dar vita a una nuova ‘creatura’ capace di attrarre «i delusi dalla politica».
Il leader forzista, del resto, pensava di contare anche sulla Fondazione Einaudi alla quale aveva offerto 200mila euro per il salvataggio, ma ieri il Cavaliere ha smentito l’acquisto.
Ma oltre alla questione economica, al centro dei pensieri del Cavaliere ci sono le elezioni amministrative e il rebus alleanze. Dopo la riunione con i coordinatori regionali e i responsabili di settore durata per tutto il pomeriggio è già stato messo in agenda un altro incontro per giovedì prossimo. Obiettivo: rilanciare Forza Italia e ricostruire il centrodestra. La convinzione di Berlusconi è che la legge elettorale sarà modificata assegnando il premio non più alla lista ma alla coalizione ed è per questo – sostiene – che bisogna riallacciare i rapporti con i vecchi alleati.
ED È PROPRIO in questa chiave l’intenzione di prendere parte alla kermesse dell’8 novembre organizzata da Matteo Salvini a Bologna. Certo, le ‘regole d’ingaggio’ devono essere chiare: «Proporrò – ha spiegato Berlusconi – che una nostra delegazione incontri i leghisti tra martedì e mercoledì in modo che l’appuntamento di Bologna diventi di tutto il centrodestra in cui possono essere presenti anche le nostre bandiere».
Il Corriere della Sera