LA VOGLIA di tornare al centro del campo è incontenibile e nessuno ha avuto la forza di sbarrargli la strada. «Desidero andare in piazza. I magistrati mi hanno chiuso in casa per troppo tempo, mi hanno costretto a non parlare». E così, Silvio Berlusconi domenica sarà a Bologna alla
kermesse leghista. Giura chi gli sta vicino che non ha mai cambiato idea. Piuttosto, erano le colombe – da Romani a Gelmini passando per Tajani – a trattenerlo. Forse gli ha dato un’ulteriore spinta la telefonata con Salvini: «Silvio, mi farebbe davvero piacere se venissi». Comunque, è un fatto che a metà mattinata abbia annunciato a tutto il mondo la decisione: «Il nostro elettorato vuole un centrodestra unito». Impossibile mandarla ancora per le lunghe, si sarebbe creato un caso difficile da gestire anche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. In verità, restano i mugugni di chi ritiene che si arrenda alla Lega. Di chi pensa che uscire così, senza aver ricordato al mondo chi è, di che cosa è ancora capace a 79 anni, non sarebbe all’altezza della sua fama. Giuliano Ferrara lo dice senza peli sulla lingua: «Se va sul palco con Salvini è la fine della sua parabola. Berlusconi è il capo di Salvini che ha organizzato la manifestazione. Poi lo fischiano o lo applaudono che è la stessa cosa».
IN EFFETTI, sulla carta, Silvio ha un ruolo da ‘spalla’ al pari della Meloni (Fd’I): a chiudere la manifestazione è il padrone di casa. «Da Bologna parte un progetto nuovo di centrodestra, non la riedizione del Polo delle libertà», scandisce il Matteo milanese, applaudendo la scelta del Cavaliere. Che spiazza così chi lo critica: «Ma secondo voi la gente sta a pensare alla sudditanza psicologica, al riconoscimento implicito della leadership di Salvini? No, si chiedono perché non vado». Chiusa definitivamente la parentesi del patto del Nazareno, tenta di non cedere lo scettro: «Smonterò le tesi economiche di Renzi», annuncia. Gli azzurri hanno chiesto garanzie al Carroccio: niente attacchi alla Merkel, niente allusioni all’uscita dall’euro, niente show anti-immigrati. Qualcuno vorrebbe lasciar giù dal palco la candidata leghista al comune, Borgonzoni: Forza Italia aveva altre idee. Si vedrà.
Salvini se la ride inneggiando alla «grande giornata di liberazione nazionale per licenziare il premier». Poi – assicura – si parla di candidature comuni per le amministrative: a FI ha intanto concesso il coordinamento parlamentare delle opposizioni. Il filo diretto con Silvio non si è interrotto in questi giorni di tira e molla cui – sussurrano – forse non è stato estraneo nemmeno il timore dell’arrivo di un rinvio a giudizio per il Ruby ter. Finora il contatto è stato telefonico, niente esclude che si vedano prima dell’8, magari a San Siro dove sabato sera il Milan incontra l’Atalanta.
Centrodestra unito? Fino a un certo punto perché il perimetro comprende forze escluse dal palco bolognese a cominciare dal movimento di Fitto per cui la scelta del Cavaliere «è un grave errore, in questo modo incorona Salvini». Concetti simili esprime il governativo Alfano; per rimarcare la differenza, i Conservatori fittiani faranno domenica a Roma a una manifestazione alternativa al Teatro Olimpico «con le nostre parole d’ordine moderate, liberali, riformatrici». Intanto, enorme è lo sforzo leghista per riempire «in sicurezza» piazza Maggiore, luoghi simbolico della sinistra. Non ci sarà Casapound, ma la presenza della destra scatena controreazioni: Centri sociali e antagonisti preparano contromanifestazioni. «Sono degli sfigati», irride Salvini. Ma qualche timore instillano tra i big forzisti: molti saranno con Berlusconi, a partire da Toti. Niente popolo forzista però: per quanto l’assenza di simboli di partito avrebbe impedito la conta, il confronto sarebbe stato impari.
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