«PALAZZO Chigi non è un posto dove ci si diverte». Non ha la faccia di uno che ride Sergio Chiamparino all’uscita da un’ora e mezza di «lavoro serrato»: le sue dimissioni dalla guida del ‘parlamentino’ dei governatori restano sul tavolo. Anche sei poi la butta sull’ironia: «Il clima era talmente sereno che ho lasciato la giacca in macchina». L’incontro tra il governo e Regioni suggella una sorta di pace armata. Con un vincitore – Matteo Renzi, che ha voluto partecipare personalmente – e tre punti di mediazione: decreto salva-Regioni, 120 milioni extra-fondo per i contratti nella Sanità e una serie di tavoli tecnici per introdurre i costi standard e valutare le ricadute di quel «miliardo mancante». Rispetto alla posta iniziale delle richieste, insomma, l’asticella si è abbassata parecchio, ma Chiamparino, sottolineando che le proprie dimissioni nulla hanno a che fare con la manovra (semmai, si dice, con un deficit comunicazionale nel dialogo con Palazzo Chigi) torna a parlare di «bicchiere mezzo pieno».
IL FRONTE dei governatori però si spacca. Se la valutazione generale è «l’inizio di un percorso positivo», il trio del Nord Maroni-Toti-Zaia grida la propria insoddisfazione per un incontro fatto «di aria fritta»: «La verità – sottolinea il governatore veneto – è che questa è una piccola
spending review e non si ha il coraggio di far pagare quelli che non sono virtuosi». Il via libera al governo è comunque arrivato sulla base, sottolinea Chiamparino, di «un’intesa di percorso e di merito per alcuni aspetti che ci può portare a condividere la Legge di Stabilità».
Ma veniamo al merito. La dotazione del fondo sanitario nazionale resta ferma a 111 miliardi (dai 113 previsti) con l’eccezione che per il rinnovo dei contratti si cercheranno 120 milioni extra. Briciole rispetto al miliardo in più chiesto dai governatori. Ma, del resto, il premier su questo aveva già dettato la linea in mattinata: «Lo scorso anno c’erano 109 miliardi, quest’anno ce ne sono 110 e nel 2016 saranno 111». Dunque, «niente bugie e niente demagogia» o «mi arrabbio», aveva scandito di fronte alla Fontana di Trevi fresca di restauro.
I GOVERNATORI portano a casa soprattutto la promessa che venerdì approderà in Consiglio dei ministri il decreto ‘Salva Regioni’, un escamotage «di natura contabile», come ha spiegato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti, per evitare la voragine da 20 miliardi che si prospetta per le casse di quasi tutte le Regioni che hanno usato per altri scopi i fondi assegnati per pagare i cosiddetti «debiti della Pa», Piemonte in primis. Un provvedimento già pronto da mesi, che lo stesso viceministro Enrico Morando aveva annunciato una settimana fa e, dunque, difficilmente ascrivibile come una vittoria scaturita dall’incontro di ieri.
Quanto al metodo, verranno costituiti alcuni tavoli di lavoro, uno dei quali sui costi standard. «Abbiamo definito una dead line per capire se il miliardo mancante in Sanità può essere aggiunto nel 2016 o se si possono fare interventi su più anni», ha chiarito Chiamparino annunciando che oggi proporrà alla Conferenza delle Regioni di dare il disco verde alla manovra. La resa dei conti è posticipata: ci si tornerà a rivedere prima del varo definitivo della legge di Stabilità per toccare con mano se la quadra si è trovata davvero.
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