Roma. Direzione PD. I ribelli non votano.

Renzi al MeetingALLA FINE è nei dettagli che si può annidare un accordo, anche se Renzi pensa il contrario. E stavolta quel dettaglio sta in una parola, «designare» anziché «eleggere», che potrebbe far cambiare le carte in tavola sulla riforma del Senato. Condizionale d’obbligo. Lo ha detto con chiarezza ieri sera a Modena Bersani. L’ex segretario non c’era in direzione Pd perché voleva chiudere la festa dell’Unità a casa sua. «Ma andiamo alla sostanza – ha detto – mi pare che Renzi abbia fatto un’apertura significativa: se si intende, come mi pare di avere capito, che gli elettori decidono, scelgono i senatori, e i consigli regionali ratificano, ne prendono atto, va bene, sono d’accordo. Perché è la sostanza di quello che abbiamo sempre chiesto. Decidono gli elettori, i senatori non li si fa in una trattativa a tavolino. Meglio tardi che mai, se è così». Se è così. «Adesso – ha detto ancora – vedremo al Senato come verrà tradotta questa indicazione, questa apertura e se è così si può andare avanti senza bisogno di Verdini». Allora, davvero è come diceva ieri la Boschi, entrando in direzione Pd, che l’accordo è ad un passo? Piano con gli entusiasmi.
La minoranza ieri non ha votato, mentre la relazione di Renzi è stata votata all’unanimità. E malgrado tutti, da Gotor a Vannino Chiti passando per Roberto Speranza, abbiano applaudito alle parole di Renzi, il sospetto serpeggia. Perché ora bisognerà vedere come l’apertura verrà tradotta in testo. Solo allora si potrà capire cosa aveva veramente in testa Renzi quando ha buttato sul tavolo il “lodo Tatarella”, ex leader di An che inventò la legge regionale del 1995. Fu la legge che consentì agli elettori, per la prima volta, di designare il presidente della Regione. «Designare», non «eleggere»: nelle due parole ci potrebbe essere la soluzione suggerita da Chiti e soprattutto da Vasco Errani – sempre in predicato di avere un incarico di governo e da giorni avvistato molto vicino all’ex segretario – che avrebbe fatto la parte del grande tessitore dell’accordo strappando, alla fine, il sì di Bersani. Ma allo stato attuale non c’è alcuna ipotesi vera su come i senatori saranno eletti. A quanto sembra, la nuova Costituzione affiderà a una legge ordinaria le modalità di elezione dei senatori: una legge quadro, votata da Camera e Senato, che rimanderà alle singole regioni le modalità di scelta.

INSOMMA, non è proprio quello che voleva la minoranza dem, ma ci si avvicina parecchio. Tanto che in direzione Gianni Cuperlo (anche a nome dei bersaniani) ha detto che la cosa «può rappresentare il punto condiviso; su questa base possiamo mandare all’esterno un messaggio di unità». Morbido anche il bersaniano Miguel Gotor: «Se i consigli regionali ratificano la volontà popolare per noi va bene». Certo, i dubbi sulla reale disponibilità del premier restano. «Perché uno che prima minaccia Grasso – dice un bersaniano di ferro – e poi fa questa apertura a noi, che intenzioni vere ha in realtà? Aspettiamo di vedere le carte…». Già. Perché ieri Renzi è sembrato un po’ il Giano bifronte. Prima ha mostra i muscoli verso Palazzo Madama, dove il presidente Pietro Grasso ha eretto un muro granitico di silenzio fino a mercoledì. Poi ha aperto alla minoranza. Insomma – dice la sinistra dem – a che gioco gioca?». Tutto si giocherà oggi perché il tempo stringe. L’ipotesi è un emendamento di maggioranza, a prima firma Zanda, che incida sul comma 5 dell’articolo 2 del ddl Boschi.