ALLA FINE, i banchetti saranno più del doppio di quelli annunciati: oltre duemila invece che mille. E l’iniziativa coinvolge (e appassiona?) tutto il corpo del partito, dai vertici (ministri, parlamentari, europarlamentari) alla base, dai renziani ortodossi alla minoranza interna. Segnale di unità, e segnale non scontato.
IL PD torna con orgoglio in piazza, tra oggi e domani, dopo mesi di infinite e logoranti discussioni interne. «Italia coraggio!» è lo slogan cui il Nazareno ha lavorato a testa bassa nelle ultime due settimane: sfida aperta al terrorismo e rivendicazione dell’azione di governo. «Noi ci siamo», annuncia il premier-segretario nella e-news: oltre a cercare di infondere coraggio nella ripresa dell’economia perché «l’Italia tornerà a essere una locomotiva dell’Europa», promette, vuole infonderlo anche ai suoi, militanti e dirigenti, in vista delle amministrative di giugno, test non certo facile, per il suo Pd, ma anche in vista del più lontano referendum istituzionale di ottobre (sempre 2016).
IL PREMIER sa che quelli saranno i due punti di svolta per verificare l’azione del suo governo ed evitare imboscate interne: il primo test (amministrative) vuole almeno ‘pareggiarlo’ (mettendo in conto, per dire, di perdere Roma e Napoli), il secondo (il referendum) vuole stravincerlo con i comitati per il Sì. Insomma, se «l’Italia non ha paura», slogan-leit-motiv per rispondere al terrorismo, anche il Pd non deve «avere paura». «Il partito non è abbandonato e non è in crisi», si spiega dal Nazareno, «e anche la Leopolda sta dentro il percorso di rinascita, bandiere o non bandiere».
IL VICESEGRETARIO Lorenzo Guerini, che ha curato e seguito l’idea dei banchetti, spiega e ammonisce, in vista delle primarie: «Noi le faremo vere, aperte e partecipate, ma deve valere il principio di lealtà: chi perde deve sostenere chi vince». Avviso ai Cofferati e ai Bassolino di turno, ma anche ai riottosi alleati di Sel, divisi se correre o meno, alle primarie, almeno a Milano (Fratoianni contrario, Fassina e Scotto favorevoli).
Tornando ai banchetti, anche i big si sottoporranno al duro lavoro del militante di base: cinque cartoline su alcuni temi ad hoc (scuola, lavoro) e un ‘foglione’ coi 28 provvedimenti del governo. Dovranno ascoltare le critiche, parlare con la gente, rispondere. La Boschi sarà ad Ercolano, Orlando a La Spezia, Guerini a Milano, Serracchiani in Friuli, Zanda e Orfini a Roma, Rosato a Trieste. Ma anche la minoranza va in piazza, compatta e convinta: Bersani a Piacenza, Cuperlo a Roma, Speranza a Potenza, persino i più polemici (da Tocci a Gotor) non mancheranno di dare i volantini.
«NOI DEL PD – spiega Renzi, che sarà presente, a partire dalle 11, a Rignano sull’Arno, a due passi da Firenze – siamo spesso litigiosi ma abbiamo tanti elementi di cui andar fieri, non abbiamo padroni né proprietari né guru» (ce l’ha con Grillo). Insomma, il terrorismo e le difficoltà dell’economia uniscono il Pd ma durerà poco: il 12 dicembre, i renziani saranno alla Leopolda, la minoranza a Roma per un’iniziativa. Fino ad allora è tregua.
Resto del carlino