FARE PRESTO è l’ossessione di Renzi. La voglia di chiudere la partita delle riforme lievita a Palazzo Chigi dove si teme che – complice lo sfaldamento di Ncd – il ritorno al Senato diventi più complicato. In ogni caso, prima di arrivare al referendum, deve passare ancora due volte alla Camera, dove tira un’ariaccia. Ieri si è scatenata l’ennesima rissa in capigruppo tra maggioranza e opposizione, tanto da richiedere un time out: si ricomincia stamani.
«Abbiamo chiesto una cosa semplice, visto che Palazzo Madama ha approvato le riforme, chiediamo che le approvi anche Montecitorio entro novembre prima della legge di Stabilità», spiega il ministro Boschi. Catapultata da Montecitorio a Porta a Porta, assicura che la fretta non nasce dal desiderio di anticipare la consultazione popolare («si farà nell’autunno del 2016») per accorparla alle amministrative, ma per non lasciare le scelte appese: «Abbiamo fatto pochissime modifiche. La minoranza vuole perdere tempo e chiede di aspettare, visto che trent’anni sono un po’ pochini». Insorge Brunetta (FI): «C’è una volontà di prevaricazione del governo. L’opposizione vuole discutere il provvedimento, pur accogliendo una calendarizzazione tale da consentire il referendum nel 2018». Alla presidente Boldrini il compito di trovare una mediazione: tra le ipotesi, quella di fissare il voto in Aula a fine dicembre. Ma nel salotto di Vespa, Boschi fa capire che le barricate dell’opposizione nascono dal timore di andare alle urne subito dopo il varo del nuovo bicameralismo.
«Auspico nel 2018 l’esordio del nuovo Senato», ripete lei. E mette in fila i temi più scottanti del momento: dalla crisi dei centristi alle primarie per i candidati sindaci fino all’Italicum. Dopo l’invito dell’ex presidente Napolitano a tener conto dei dubbi sulla legge elettorale, non mostra cedimenti. «Ci sono proposte per cambiarlo, ma va bene così». Due motivi per non rimetterci mano: «Intanto, per serietà. Abbiamo approvato la legge con larga maggioranza pochi mesi fa». La seconda ragione riguarda il merito: l’Italicum che attribuisce il premio di maggioranza al partito e non alla coalizione «dà stabilità: chi vince governa 5 anni».
NÉ PUÒ dire altro: persino i suoi oppositori sanno che il momento per tirare fuori l’argomento non è questo, ma dopo il referendum. «Di cose da dire ne abbiamo – spiega Rosato (Pd) – vogliamo preparare bene la campagna». Di qui, anche l’ansia di Renzi di chiudere il capitolo in Parlamento. Dove, secondo alcuni, le fibrillazioni di Ncd rischiano di aver ripercussioni sul governo: «Non ci sono cambi di maggioranza, non credo si indebolirà il partito di Alfano», taglia corto Boschi.
Si barcamena sulle primarie: si deve scegliere «a seconda delle situazioni», spiega. «Se non c’è una persona forte si fanno, altrimenti no». Le dà «probabili» a Roma, mentre se la cava con un «vedremo» per Milano. È rapida a respingere ipotetici scenari sulla sua carriera: un futuro da presidente della Camera? «Vedremo». Ammette che il disegno di legge sulle unioni civili «slitterà» a gennaio. E liquida con fastidio le sue vicende personali: a quando un fidanzato?, le chiede Vespa. «Questa storia che sarei la piccola fiammiferaia non la capisco. Ora mi concentro sul lavoro».
IL CORRIERE DELLA SERA