Roma. La Boschi, suo padre l’Etruria. L’opposizione in coro “Sfiducia”

boschiLEI si dice ferita, lui appare furioso. Lei si sente come se avesse «ricevuto un colpo nello stomaco»; lui suda copiosamente sotto la giacca blu e tuona dal palco della vecchia stazione di Firenze: «Non c’è stato nessun favoritismo e chi lo dice sta insultando persone perbene che non meritano di essere messe alla berlina». Leopolda 6 in un attimo si tramuta nel palcoscenico del diavolo di cui porta il numero. Il premier preme il tasto della rabbia e rilascia un fiume di dichiarazioni, ricostruzioni, rivendicazioni sulle banche salvate e il relativo decreto.
Sa, come dice ai suoi, di non essere direttamente nel mirino: «Attaccano lei per colpire me». Lei è il suo ministro più fidato: Maria Elena Boschi. E l’appuntamento caro e accarezzato, la Leopolda, diventa lo scomodo banco dal quale ricostruire, negare, difendersi. Con tanto di storie giudiziarie di famiglia, o meglio, di padri. Pier Luigi Boschi e il suo antipatico incarico di vicepresidente di Banca Etruria da maggio 2014 (tre mesi dopo la nomina a ministro della figlia) per circa otto mesi e poi, a sorpresa, anche Tiziano Renzi, genitore del premier che, confessa Matteo stesso, «passerà il suo secondo Natale da indagato dopo che la procura, per due volte, ha sollecitato l’archiviazione».

FATTI diversi, vicende lontane (anche se qualcuno malignamente ci ha voluto leggere un qualche collegamento) non soltanto cavalcate dall’opposizione, ma fatte proprie e rilanciate con parole dure da Roberto Saviano. Durissimo lo scrittore che ha ottenuto però, per uno strano effetto collaterale, di ricompattare la minoranza Pd alla maggioranza guadagnandosi da Bersani un commento tranciante: «Esagerazioni».
Anatemi e parole, mosse tangibili dal Movimento 5 Stelle che, con Alessandro Di Battista, annuncia la presentazione di una mozione di sfiducia contro il ministro Meb (mariaelenaboschi) come la chiamano gli amici. Altra botta a quell’immagine di nuovo e trasparente che Renzi&co. tanto cullano per il loro governo. Non basta, al premier, dire che «non ci sono intoccabili», «chi ha sbagliato e truffato pagherà», per riscaldare la sala raggelata dai venti invernali e dalle premonizioni della battaglia che si consumerà a Roma.
Matteo Salvini della Lega si allinea ai pentastellati invitandoli a «scrivere insieme» il documento contro la ministra. Renato Brunetta attacca: «Anche Forza Italia presenterà nelle prossime ore una mozione di sfiducia». A sua volta in difficoltà nel proprio gruppo, il fedelissimo berlusconiano dimentica il garantismo di FI, ma è Raffaele Fitto a ricordarlo: «No alla linea di Saviano, no al giustizialismo, sarebbe un errore». E Giorgia Meloni (Fd’I) va oltre: «Scriviamo e votiamo insieme una mozione di sfiducia a Renzi». La disfatta di Maria Elena si potrebbe giocare dunque tra Firenze e Roma e attorno a una serie di domande cui nessuno, al momento, ha dato risposta. Come quella fondamentale: il «babbo» della Boschi è indagato? È vero che la stessa ministra aveva interessi personali nella banca? Quesiti che lei non ha affrontato, Renzi non ha sciolto e l’intera
kermesse della Leopolda ha sentito aleggiare sulla testa come la nuvola di Fantozzi. Sfigati cumuli e cirri, disperati i risparmiatori beffati che si sono ritrovati fuori della stazione granducale di Firenze. A dire due cose fondamentali a Renzi e ai suoi: «Vogliamo i nostri soldi» e «Andatevene a casa: questo governo non l’ha mai votato nessuno».

Resto del Carlino