Roma. La Catalogna vota la secessione «Via dalla Spagna entro il 2017»

CATALOGNAUNA GRANDE Svizzera affacciata sul Mediterraneo, simile alla Confederazione elvetica come dimensione e come popolazione.
È il grande sogno dei catalani ai quali ha dato una spinta, ieri, il Parlamento locale con l’approvazione di una risoluzione che dichiara l’avvio della rottura con la Spagna e l’inizio del processo che dovrebbe portare alla creazione di una Repubblica indipendente entro il 2017. Come limite massimo. Il testo ha raccolto il favore di 72 deputati su 135 per la creazione di uno stato indipendente «in forma di repubblica».

UN PRIMO passo pesante che non è piaciuto al primo ministro spagnolo Mariano Rajoy. Il premier ha scelto di parlare in televisione per spiegare che tutto questo non potrà mai avvenire e che è già pronto il ricorso alla Corte Costituzionale per invalidare la risoluzione approvata dal Parlamento catalano. «Ho sollecitato – ha spiegato Rajoy – la sospensione immediata dell’iniziativa e di tutti i suoi effetti». In più il primo ministro ha convocato un consiglio dei ministri straordinario per domani.

LA BATTAGLIA sicuramente non è finita qui e, seppure le ansie separatiste siano altalenanti tra la popolazione della regione, la vittoria dei partiti che propugnano la secessione alle ultime elezioni, va nella direzione invisa a Madrid.
Due formazioni, in particolare, hanno promosso l’iniziativa della risoluzione che era stata anticipata, tempo fa, dal leader indipendentista Artur Mas già rinviato a giudizio perché ritenuto colpevole di disobbedienza civile.
Ora la palla passa alla Corte Costituzionale ma gli esiti possibili sono diversi perché la risoluzione approvata ieri specifica, nel merito, che le pronunce della Consulta spagnola non saranno più rispettate. «Non riusciranno a fermarci caricando i tribunali con l’artiglieria legalista» ha tuonato Raul Romeva, portavoce di Junts pel Sì, uno dei quattro partiti di matrice centrista che formano la coalizione uscita vittoriosa dalle urne e di cui la formazione principale è Convergenza Democratica della Catalogna, guidata da Artur Mas.
Nel frattempo, a Barcellona, iniziano le votazioni per l’investitura del nuovo presidente. Mas ha chiesto di essere rieletto per una «fase costituente» di 18 mesi in cui costruire il futuro «stato catalano». Se l’Europa sta a guardare e dalla Ue si fa sapere che non ci sono valutazioni da fare su problemi interni di un singolo stato membro, gli spagnoli appaiono piuttosto preoccupati. Un eventuale addio della Catalogna rappresenterebbe la chiave di volta per altre divisioni, vista la natura variegata del territorio dove anche il Paese Basco o la Navarra potrebbero avanzare pretese simili.
Tutti i partiti spagnoli sono contrari alla separazione, fa eccezione unicamente Podemos che pensa la questione si possa risolvere concedendo un referendum.