«I TEMPI cambiano e noi cristiani dobbiamo cambiare continuamente. Dobbiamo cambiare saldi nella fede, saldi nella verità del Vangelo, ma il nostro atteggiamento deve muoversi continuamente secondo i segni dei tempi. Siamo liberi». Alla vigilia del giorno decisivo per il sinodo sulla Famiglia, papa Francesco pronuncia nell’omelia di Santa Marta parole che sono più di un’indicazione. Ciò che non è ammesso, secondo Bergoglio, è il tranquillo conformismo che di fatto fa restare immobili. Di fronte ad ogni situazione ci vuole «discernimento». E proprio il «discernimento» è la parola chiave emersa dopo tre settimane di lavori per la risoluzione del nodo più spinoso, quello della comunione ai divorziati risposati.
OGGI i 270 padri sinodali voteranno punto per punto la relazione finale in cui confluiscono le posizioni espresse. Un documento aperto che cercherà di superare le evidenti spaccature tra il fronte aperturista e quello conservatore mettendo le future decisioni nelle mani del Papa. Più che proporre soluzioni si illustreranno le diverse tesi discusse. Ma negli ultimi giorni a tracciare una via percorribile sui divorziati risposati è stata soprattutto la proposta del circolo minore tedesco che è riuscita a far trovare un’intesa tra teologi di visioni finora praticamente opposte come il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Gerhard Mueller, e il capofila dei riformisti, l’altro tedesco Walter Kasper, padre della cosiddetta via penitenziale.
Secondo la proposta tedesca non esistono soluzioni generalizzate per riammettere i risposati all’eucaristia ma va approfondita la via del discernimento già nella Familiaris Consortio di papa Wojtyla, valutando sotto la responsabilità del vescovo le condizioni sia del precedente matrimonio sacramentale sia della seconda unione civile. E qui entra in gioco anche il ‘foro interno’, cioè l’esame delle situazioni caso per caso fatta dal confessore o dal direttore spirituale. Una strada insomma, che se da un lato fa salva la dottrina, con l’indissolubilità del matrimonio non messa in discussione, dall’altro apre a soluzioni pastorali applicabili a seconda dei diversi Paesi con i loro differenti contesti sociali e culturali.
D’ALTRONDE il sinodo ha cercato di comporre visioni lontane anni luce come possono essere ad esempio quella africana o quelle dell’Occidente secolarizzato. E se una parte ristretta dell’assemblea ha voluto ribadire il secco no alla comunione ai risposati, nell’assise è emersa a differenza del passato una visone delle seconde unioni che non parla più di peccato grave né tantomeno di adulterio, specie quando si tratta di unioni stabili e con figli. Un mutamento che può aprire anche a una convergenza verso maggioranze qualificate in senso più aperturista. Il Papa si riserverà poi di decidere. Sul tappeto c’è l’opzione di un suo documento magisteriale, come richiesto da molti. Ma c’è anche chi vorrebbe una ulteriore commissione di studio per non adottare scelte premature. Al di là comunque di un punto di riforma come potrebbe essere quello dell’ostia ai risposati nella visione di Bergoglio c’è in ballo una vera e propria rivoluzione, quella che lui stesso ha chiamato Chiesa sinodale.
Un’espressione nuova, che ha lasciato di stucco anche porporati navigati, e che Francesco vuole realizzare attraverso una conversione del papato e una decentralizzazione delle decisioni agli episcopati locali. Insomma, la fine del centralismo romano.