LA MINACCIA c’è, ed è terribile. Ma da dove viene, come fronteggiarla, quando e dove colpirà non lo sa l’Europa e nemmeno l’Italia. Chi ha messo a ferro e fuoco Parigi – annuncia il capo della Cia, John Brennan – ha in cantiere «nuovi attentati come quello di venerdì scorso». La conferma viene da un altro video dello Stato Islamico: «Colpiremo i Paesi che partecipano ai raid in Siria». Non essendo finora impegnato direttamente, il nostro Stato dovrebbe rischiare di meno. Ma questi non sono giorni qualunque: infatti il ministro dell’Interno ammette d’essere turbato né più né meno dei cittadini comuni. «Il livello di preoccupazione cresce con il Giubileo: Roma e il Papa sono già stati al centro di dichiarazioni minacciose inneggianti alla distruzione e all’odio», dice Angelino Alfano alla Camera. Spiega che la spia rossa è accesa, che a San Pietro c’è il rischio di attacchi «attraverso droni», ma aggiunge pure che «obiettivi sensibili sono anche i soft target», ovvero i luoghi di aggregazione colpiti nella capitale francese. Di qui, la circolare inviata dal capo della polizia, Alessandro Pansa, a questure e prefetture a «innalzare la vigilanza negli eventi affollati» o i 700 militari già spediti a Roma come «anticipo» di quelli previsti per l’Anno santo straordinario o ancora i presìdi in altri luoghi di turismo religioso, ma detto questo il ministro non entra nel dettaglio. Si ferma all’allarme generico («Non ci sono segnali di iniziative specifiche») cui fa da pendant l’ipotesi di inserire nel decreto missioni in esame alla Camera una norma per rafforzare la capacità d’intervento dei servizi segreti nella lotta al terrorismo.
Magari il responsabile del Viminale non ha niente di concreto in mano, ma se avesse avuto informazioni certe, non le sarebbe andate a dire in Parlamento e, di rimbalzo sulle tv a 50 milioni di italiani. Pure Renzi, sabato pomeriggio ai capigruppo di tutti i partiti aveva detto la stessa cosa. Del resto, nessuno è al sicuro: l’Isis – per dire – minaccia ora di attaccare gli Stati Uniti: «Giuriamo che colpiremo l’America nel suo centro a Washington».
In questo quadro complicato, in cui a Palazzo Chigi si lavora per recuperare risorse aggiuntive (140 milioni? 120?) per la sicurezza da inserire nella legge di stabilità alla Camera – il tempo stringe, spiegano, ed è sfumata la possibilità di farlo già al Senato – la Francia chiama gli alleati alle armi.
E L’ITALIA risponde così con il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni: «Dobbiamo fare di più contro l’Isis. Lavoreremo per snidare terroristi ovunque, ma senza fare confusione tra le migliaia di persone in fuga dalle guerre». Chiosa Alfano: «Cacceremo chi spara, ma la preghiera non è un reato». Insomma, avanti ma con cautela. Anche se il ministro della Difesa Pinotti, domenica, andava più in là: «Bombardare non è un tabù». Di sicuro, l’Italia deciderà di fare ciò che dirà l’alleanza. «Reagiremo uniti», promette Gentiloni. Ma l’unità della politica già vacilla dentro l’aula distratta di Montecitorio sotto l’urto della polemica quotidiana per infrangersi sulla richiesta del M5S di ritirare i militari dall’Afghanistan. E su uno scontro senza esclusione di colpi tra Alfano e Salvini. «Sembra dispiaciuto perché gli attentati non sono avvenuti in Italia, così da lucrare voti», afferma Angelino. E si becca l’annuncio di una querela e la richiesta di dimissioni. «Illazione inaccettabile, basata sul rancore personale. Serve responsabilità», chiosa Brunetta (FI).