Negli ultimi tempi mi sono fatto un giudizio molto chiaro sul quotidiano La Repubblica: che è un giornale buono solo ad incartare il pesce.
Già, perché alle banalità e alle opinioni scontate ci aveva già abituatiLibero, ma con la polemica sul disegno di legge sulle unioni civili l’ormai ex giornale di Scalfari ha davvero toccato il fondo. Difficile non accorgersi che ogni settimana Repubblica ci propone vere e proprie bufale che di giornalismo hanno ben poco. La prima pagina di ieri, poi, era tutto un programma: una grande foto di Papa Francesco era posta, al centro della pagina, accanto a un articolo nel quale si sosteneva che il Presidente della Repubblica sarebbe pronto a non firmare la legge per sospetta illegittimità costituzionale. “Pronte le modifiche”, titolava il pezzo. Pareva di leggere Avvenire.
Il casus belli è costituito questa volta sulla norma del ddl Cirinnà che parifica i diritti e i doveri dei partner registrati a quelli discendenti dal matrimonio. Poveri illusi, noi giuristi che da anni ci occupiamo del tema con fiumi di note, articoli, commentari e libri; poveri noi sprovveduti, che pensavano che l’unico nodo da sciogliere fosse quello della stepchild adoption!
No, ora secondo Repubblica a essere incostituzionale sarebbe l’intero pacchetto, dal momento che, scavando nei polverosissimi repertori della giurisprudenza costituzionale, questi acuti giornalisti hanno trovato, sommersa tra le carte, una vecchia sentenza del 2010 secondo la quale “I costituenti tennero presente la nozione di matrimonio che stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso.” “A pronunciare la frase”, ci informa meticolosamente il quotidiano, “non è stato un oscuro senatore. Ma la Corte costituzionale, nella sentenza emessa nell’aprile del 2010?.
Il fatto quotidiano