LAVORERANNO anche fino a 75 anni, ma prenderanno il 25% in meno di pensione. E molti rischiano di non prendere proprio niente, dal momento che il contributivo penalizza pesantemente chi vive di contratti precari. Sono i 35enni di oggi, quelli che sono nati nel 1980 e che avranno 70 anni nel 2050. A lanciare il grido d’allarme sulle prospettive previdenziali dei giovani è il presidente dell’Inps, Tito Boeri. Lo fa al convegno ‘Pensioni e povertà oggi e domani’ nel corso del quale viene presentato il rapporto Ocse
Pensions at a glance 2015, un report che segnala come l’Italia abbia fatto importanti riforme del sistema previdenziale ma ancora insufficienti per avere una vera stabilità finanziaria. Per cui sono necessari «ulteriori sforzi in futuro».
TRA I NODI da sciogliere, la bassa età effettiva di uscita dal lavoro (61,4 anni), il basso tasso di occupazione dei 60-64 anni e il rischio povertà per le persone con carriere lavorative e quindi contributive interrotte o instabili. Il nostro Paese, insomma, continua ad avere la spesa previdenziale più alta, dopo la Grecia, rispetto al Pil (15,7% nel 2013 a fronte dell’8,4% medio nell’Ocse) e contributi previdenziali al 33%, percentuale top tra i Paesi Ocse. I pensionati attuali – emerge dal rapporto – hanno tassi di sostituzione netta rispetto al salario medio vicini all’80%, a fronte del 63% medio dei Paesi più sviluppati e assegni largamente superiori ai contributi versati. Con la riforma del 2011 – spiegano gli economisti dell’Ocse – sono state adottate importanti misure per ridurre la generosità del sistema. Non basta. La sentenza della Corte Costituzionale sulla mancata perequazione e i rimborsi decisi dal governo «avranno un impatto sostanziale sulla spesa pubblica». A livello più strutturale inciderà l’invecchiamento della popolazione e bisognerà, dunque, stimolare la partecipazione dei lavoratori anziani.
GLI OVER 60 del resto – secondo Boeri – sono stati colpiti dalla crisi economica in misura minore rispetto alle altre fasce di età: il rischio di povertà si è trasferito ai giovani. E la situazione di chi è giovane oggi rischia di essere difficile anche in futuro. La pensione di chi è nato nel 1980 – si legge in una simulazione Inps – sarà del 25% inferiore a quella che percepisce chi è nato nel 1945 e oggi ha 70 anni, tenendo conto anche del fatto che l’assegno sarà percepito per molto meno tempo. Circa tre su 4 dei pensionati nati nel 1945 è uscito dal lavoro prima dei 60 anni.
Resto del Carlino