Roma. Morte di parto, allarme dei ginecologi «Troppe carenze di organico»

neonato«È IL MINISTRO della Salute che si deve fare carico delle problematiche strutturali e di organico che assillano gran parte dei punti nascita italiani». I ginecologi non ci stanno più a fare «da capri espiatori». Va messo mano al sistema garantendo il personale indispensabile ad assicurare la sicurezza.
Le troppe morti di parto dei giorni scorsi hanno messo sotto i riflettori l’esistenza di un problema e così Nicola Colacurci dell’associazione ginecologi universitari italiani, Vito Trojano presidente dell’associazione ostetrici ginecologi ospedalieri e Paolo Scollo, presidente della società italiana di ginecologia e ostetricia, hanno unito le forze per scrivere un documento che mette nero su bianco i bisogni del settore. E l’hanno girato a Lorenzin, nell’interesse primario delle pazienti ma non solo.
«L’entrata in vigore delle normative Ue ha acuito le carenze, già gravi in alcune regioni e in altre croniche, nelle dotazioni di organico a cui spesso non si sa come fare fronte o che vengono tamponate con personale interinale che non permette la creazione di una equipe multidisciplinare (ginecologo, ostetrica, anestesista), requisito essenziale per le urgenze ostetriche» spiega Paolo Scollo, presidente della Sigo.
Pensa che questo fattore abbia inciso nelle tragedie di questi giorni?
«Non credo assolutamente. Questi episodi si sono verificati in strutture di eccellenza. Ma bisogna comunque mettersi in testa che, anche con il parto, non esiste il rischio zero. Non esiste una nazione dove l’eventualità negativa è pari a zero. Da noi si sta facendo e si è fatto molto ma c’è ancora da intervenire per garantire, in tutta Italia, il massimo della sicurezza».
A che cosa si riferisce?
«Devono essere chiusi o messi a norma i punti nascita dove vengono al mondo meno di 500 bambini l’anno. Si tratta di parametri fissati dalla Conferenza Stato-Regioni del 2010 che devono essere rispettati. Ce ne sono un centinaio in tutta Italia ma ancora non si procede. Se le Regioni vogliono una deroga, lo dicessero e, soprattutto, li mettessero a norma. I ginecologi non saranno il capro espiatorio di mancanze che appartengono ad altri».
Che cosa si intende con messa a norma?
«Devono essere garantiti tre parametri precisi: gli organici (non solo i ginecologi ma anche gli anestesisti e i pediatri); le attrezzature; le strutture. Se la sala parto non ha una sala operatoria attigua da poter utilizzare in caso di parto cesareo, non va bene. O si adegua o si chiude».
Altri esempi?
«A Lipari, nelle Eolie, si fanno 7 parti l’anno. Uno studio ha rivelato che costerebbe meno mantenere la donna in gravidanza, insieme con tutta la sua famiglia, un mese in albergo a Milazzo piuttosto che mantenere aperta la struttura».
500 bambini all’anno come parametro significa esperienza…
«Ed è quella che serve per fronteggiare un’emergenza qualsiasi. Quella che non hanno i giovani che vengono presi con incarichi semestrali e che non hanno addestramento. È come con i piloti d’aereo: contano solo le ore di volo. Per noi sono importanti le ore in sala parto, quelle sono indispensabili».

Il Messaggero