Giornata di telefonate, di carrelli di bolliti, di parole al vento, di confronti. Giornata di dubbi, perché Rudi Garcia è un dead man walking che resiste in attesa del giudizio. E parla da allenatore, alza la voce con i giocatori, annuncia loro il ritiro proprio mentre i dirigenti decidono la sua sorte. La decide James Pallotta, che ha dato il via libera a un eventuale cambio in panchina. Da Boston il presidente ha detto sì e allo stesso tempo ha ribadito pieno poteri al d.s. Walter Sabatini e al d.g. Mauro Baldissoni. “Trovate una soluzione, così non va”, il senso — edulcorato — di un colloquio a più riprese con i suoi uomini. La soluzione al caso però non c’è. L’esonero resta eventuale, non perché il rapporto di fiducia con Garcia sia intatto, ma giusto perché, per un motivo o per l’altro, i possibili sostituti (ancora) non convincono del tutto.C’È LUCIANO — Traduzione: Garcia sarà in panchina contro il Genoa. Come confermato alla cena da Sabatini: “Garcia sarà l’allenatore della Roma domenica”. Forse per l’ultima volta, perché non gli basterà solo vincere. Conterà anche il modo. Conterà, magari, anche l’evoluzione dei contatti che la dirigenza ha allacciato con altri tecnici. Ad esempio con Luciano Spalletti: l’allenatore toscano è stato sondato, gli è stata chiesta la disponibilità a tornare, sei anni dopo, sulla panchina della Roma. A suo sfavore gioca il fatto di non voler accettare un contratto di soli sei mesi, come pure il suo passato e la conoscenza pregressa della piazza, che per l’attuale dirigenza resta un ostacolo considerevole. D’altro canto, punto a favore, Spalletti viaggia senza staff al seguito, cosa che non ostacolerebbe la convivenza con i preparatori scelti da Pallotta, Norman e Lippie, sui cui metodi molti giocatori fanno filtrare perplessità. E poi ci sono le coincidenze temporali: per motivi fiscali, Spalletti deve restare legato allo Zenit fino al 22 dicembre, Dunque, fino al post Genoa di Garcia…
Gazzetta dello Sport
