Roma. In piazza la rabbia della polizia «Aumenti da 9 euro, una vergogna»

SalviniDIECIMILA divise in piazza tra bandiere, fischietti, cori e tanta rabbia. Le sigle sono tante, le rivendicazioni soltanto un pugno e si potrebbero riassumere in una parola: dignità. Cento euro di aumento netto in tre anni e un bonus una tantum di 1.500 euro per compensare il blocco di trattamento del pubblico impiego giudicato illegittimo dalla Corte Costituzionale.

DI CONTRO, il governo offre tre milioni per il contratto del comparto pubblico che conta 3.200mila lavoratori. Tradotto, secondo i calcoli, significa 9 euro lordi di aumento per il 2015, 17 per il 2016, 20 per il 2017 e 30 per il 2018. Sap, Coisp e Consap, Sappe, Sapaf, Ugl e Conapo, Forestali e Cotipol oltre ai gruppi Facebook non ci stanno e lanciano monetine dal palco (come Franco Maccari), battono i piedi e rivendicano. Urlano con la voce rimasta dai lunghi viaggi notturni per essere ieri mattina a Roma. Vengono da tutta Italia. Una miscellanea di colori sotto al sole: dal blu della polizia al grigio dei forestali (che rifiutano lo smantellamento del Corpo) e della Polizia penitenziaria al rosso dei Vigili del Fuoco. Tutti insieme, forse per la prima volta, dinanzi a Montecitorio blindato ma con le finestre aperte da cui non si affaccia nessuno. La piazza, del resto, non è tenera e si fa capire subito nei fischi che coprono alcuni degli interventi dei politici. Il Pd è assente ma arrivano Giovanardi, Gasparri e Santanchè che non conquistano, mentre riscuotono Giorgia Meloni e trionfa Matteo Salvini in divisa: «Il governo trova i soldi per i clandestini, non per i poliziotti». Ma i protagonisti non sono loro o le proposte, come quella della Lega, per riesumare il servizio militare obbligatorio. Piace Di Battista dei 5 Stelle ma il problema, o meglio i problemi, sono altri. Ed è Rocco, così si presenta, poliziotto in servizio che fa i doppi turni per 50 euro in più perché alla famiglia servono, a scatenare l’ovazione. C’è stanchezza sui volti e voglia di gridare. «Renzi non ci umili», attacca dal palco Gianni Tonelli del Sap che di questo appuntamento è stato anima e animatore. Insieme con tutti.
La partecipazione è tale da impigliare le parole dei vari che si alternano sulla tribuna sorvegliata con il sorriso dai colleghi in divisa addetti all’ordine pubblico.
Eppure, nonostante il gran clamore e la tanta gente, il Palazzo sembra sordo. Ancora una volta. Chiediamo a Tonelli di tirare le somme e, soprattutto, di svelare se dopo i diecimila di Roma, si sia mosso qualcosa. La risposta è ancora il nulla. «Non è un Paese normale quello dove i poliziotti sono costretti a scendere in piazza. E non è un Paese normale quello dove non si trova un interlocutore del governo pronto al confronto», racconta il segretario del Sap. «Ma i risparmi si potrebbero ottenere in altri modi che non stringendo sulla sicurezza fino ad arrivare ai 43mila uomini in meno che ci sono oggi». Vorrebbero portare proposte e non soltanto urlare il loro dissenso. «Anche questo silenzio dimostra – conclude Tonelli – che siamo diventati orfani dello Stato che siamo chiamati a servire».

Resto del Carlino