DA DIETRO la lavagna alla cattedra. Matteo Renzi veste i panni del maestrino d’Europa e bacchetta tutti, da Juncker alla Merkel. «Non vogliamo uno scontro, ma regole uguali per tutti», assicura il premier. Ma le parole, spesso, vanno nella direzione opposta.
Il teorema è semplice: «L’Europa ha scelto una politica economica sbagliata, per questo cresce meno del previsto», a differenza dell’Italia «che si è rimessa in linea» e degli Usa «usciti dalla recessione». La lezione pure: «Di austerity si muore». Dunque, i compiti a casa: «Flessibilità, crescita e investimenti». Esattamente ciò che l’Italia sta chiedendo all’Europa, «non sconti, non siamo al discount» ma «regole uguali per tutti». I dossier aperti sono pesanti: immigrazione, politica energetica, flessibilità nella legge di Stabilità, caso Ilva. E il nodo delle banche: qui, attacca Renzi, «le nostre carte rispetto alle regole europee ce le giochiamo tutte senza guardare in faccia a nessuno», fino all’asso del ricorso alla Corte di giustizia europea «nel caso in cui vi siano state violazioni di gioco rispetto a quelle regole». Assicura che il nostro sistema bancario «è solido», molto più di quello tedesco («non farei cambio») e che «i risparmiatori truffati riavranno i loro soldi».
Alla Germania ricorda che «non ha rispettato le regole sul deficit quando ha fatto la riforma del lavoro nel 2003». Mentre noi non abbiamo chiesto di «sforare il 3%». E, pungolato sulla manovra in deficit, taglia corto: «È meno in deficit di quelle fatte da altri Paesi e rispetto agli anni passati».
IL SECONDO teorema è proprio questo: se noi rispettiamo le regole più di altri Paesi Ue, perché sembra che ci vengano applicate in modo più svantaggioso? È su queste basi che il premier pretende «rispetto» e dà per scontato di ottenere i margini di flessibilità chiesti a Bruxelles: lo 0,5% per le riforme, lo 0,2% per gli investimenti (dove non abbiamo sfruttato tutti i margini) e l’ulteriore 0,2% per l’immigrazione. «Nell’ultimo consiglio Ue – sottolinea il premier – quando si è ragionato dei soldi per la Turchia si è detto che stanno fuori da quei limiti», quindi, «la discussione non si apre nemmeno, poi se vorranno maggiori spiegazioni entreremo nel merito». Dal peso dei numeri al peso della politica: sullo scacchiere internazionale «prima non toccavamo palla» e ora «giochiamo da protagonisti».
Ma è sempre Frau Angela il convitato di pietra. Con la Cancelliera c’è sì «un ottimo rapporto», ma Renzi ricorda che è il Pd con i suoi 11,2 milioni di voti il primo partito dell’Europarlamento, non la Cdu della Merkel. Un messaggio diretto anche al presidente della commissione Ue, il «conservatore» Juncker, che verrà in Italia a febbraio e «spero condivida la mia idea di ridare all’Europa un’anima sociale molto marcata». Perché se l’Ue crollerà sotto il peso dei populismi, «non sarà per questioni economiche» ma perché «perde la sua identità, i suoi valori».
Parla di ampi orizzonti, filosofeggia sul sogno europeo ma sa bene che i prossimi passaggi saranno delicati e i falchi tedeschi non abbandoneranno il bilancino dei numeri. Sferza, ammonisce, rassicura come un equilibrista. Consapevole che il confronto può diventare scontro in un lampo. Se non lo è già. Per ora, assicura, «sono in fase zen».
Resto del Carlino