Roma. Salvini si riprende la leadership.

SalviniMATTEO SALVINI si prende il centrodestra. Nella piazza di Bologna gremita di militanti in stragrande maggioranza leghisti (circa 25mila, secondo la Questura 15mila) se ne impossessa sotto ogni punto di vista. A modo suo. Tenendo insieme i concetti cari all’elettorato di destra e moderato – sicurezza, famiglia, lavoro – e allo stesso tempo cercando di rompere gli schemi per far capire che l’aria è cambiata. Arrivato in piazza Maggiore di buon’ora, verso le dieci e mezza, il leader del Carroccio veste con naturalezza il ruolo del padrone di casa, e non solo perché la manifestazione l’ha organizzata la Lega: introduce gli interventi dei quindici rappresentanti delle categorie sociali chiamati sul palco, attacca subito Renzi e si concede anche di dettare i tempi a Berlusconi, quando, nel suo discorso, si dilunga un po’ troppo. Soprattutto, Salvini tiene saldamente in mano il pallino politico di quello che, da ieri, è il nuovo centrodestra italiano.

QUASI a prevenire le critiche di chi vede, nella stretta di mano finale tra lui, Berlusconi e la Meloni, la replica, solo un po’ modernizzata, del centrodestra tradizionale, Salvini mette subito in chiaro: «Oggi non stiamo a ricordare il passato, ma proviamo a costruire il futuro, non possiamo vivere di nostalgia». Concetto ulteriormente sottolineato durante il collegamento con la trasmissione In ½ ora di Lucia Annunziata: «Non voglio portare indietro le lancette della storia, tornare al ‘94».
Per farlo, spariglia le carte, gli «interessa avere idee chiare» e chi le porta avanti «viene dopo». Sempre davanti alle telecamere della Rai, si smarca dalla necessità, più volte ribadita dal Cavaliere, di cambiare l’Italicum («la legge elettorale se la scelga Renzi, si tenga quella che vuole, sono convinto che le nostre idee saranno maggioranza in Italia») e apre al Movimento 5 Stelle («discuterei di riforme con Grillo domattina, ma ho come l’impressione che lui non voglia governare») che invece Berlusconi aveva poco prima definito «una banda di balordi». Attacca frontalmente Renzi («un parassita), i «cattocomunisti» e i centri sociali, insulta Alfano («occupati dei poliziotti, cretino che non sei altro»). Supera le distinzioni della vecchia politica («non vedo più lo scontro destra-sinistra, ci sono cose giuste o sbagliate») e promuove senza problemi la cancellazione della tassa sulla prima casa, pur ricordando che «è il Pd che ha cambiato idea».
E al programma che Berlusconi offre dal palco «a Giorgia e Matteo», il numero uno del Carroccio, nel suo discorso, non concede nemmeno un accenno.
Prove generali di comando, insomma, improntate a una massiccia dose di realismo.
Perché se è vero che oggi la Lega è il baricentro della coalizione, è altrettanto vero che, da solo, il Carroccio non può andare troppo lontano. A partire dalle prossime amministrative.
Tanto che Salvini scandisce chiaro e tondo: «Mi interessa unire, non dividere. Se c’è qualche candidato migliore della Lega lo sosteniamo. Il centrodestra dovrà essere compatto a Milano, Roma, Bologna, Cagliari, altrimenti il Pd se la gioca facilmente».
E sulla Capitale aggiunge: «Ovviamente la Meloni è un’alleata e viene prima. Ma sia a Marchini che Meloni, prima del cognome, voglio chiedere ‘che cosa vuoi fare a Roma?’».