TUTTO in una notte. La brutta figura del Colosseo sbarrato brucia ancora e il governo vara il decreto che assimila musei e siti archeologici a ospedali, scuole, treni e aerei. Non è solo questione di definirli «servizi essenziali»: il nodo è di assoggettarli a una disciplina diversa anche in materia di assemblee sindacali e scioperi. E poi, con il buio, lo stesso esecutivo si affretta a sbloccare i fondi destinati ai pagamenti degli arretrati dei dipendenti per le aperture straordinarie. Si chiamano «salari accessori» nel linguaggio sindacalese. I soldi resi disponibili – si fa per dire, perché la trafila burocratica è lunga e farraginosa e gli euro planeranno nei portafogli non prima di fine anno – sono per 2014 e 2015. E che non si dica, pare leggere sull’immaginario sottotitolo, che il governo Renzi non è dalla parte dei lavoratori.
IL PROBLEMA è che questi ultimi, o meglio i sindacati che li rappresentano, non ci stanno e lanciano un nuovo guanto di sfida. Stanno valutando uno sciopero nazionale per ottobre perché le rivendicazioni sono molte e non si limitano al pagamento degli arretrati ma riguardano, anche e soprattutto, vuoti di organico e investimenti nel settore. Cgil, Cisl e Uil prendono tempo e avvertono: «Sulla decisione peserà anche il contenuto del decreto che non abbiamo ancora letto».
Palla al centro mentre i turisti si ripresentano al Colosseo che l’altro giorno era rimasto temporaneamente chiuso. «La musica è cambiata», declama Renzi in una delle sue tante uscite pubbliche attaccando frontalmente le rappresentanze dei lavoratori che accusa di «remare contro». Ma si becca rimbrotti vari non solo dalla sinistra dem, da Bersani («non si può sbattere la croce su una sola parte») e persino dal prudente Orfini che insiste sulle legittime rivendicazioni degli operatori come fa l’ex capogruppo Speranza. Dalla parte di Renzi si schiera la vicesegretaria Serracchiani con un appello ai sindacati a non usare gli strumenti «in modo distorto».
Chi sembra godersela oltre misura, in questo day after del turismo, è il Garante degli scioperi Roberto Alesse, che si insinua nel dibattito suggerendo maggiori poteri per l’Autorità e ricordandone le facoltà di vaglio sulle assemblee. Circostanza che, ai sindacati, non potrebbe piacere di meno.: «Approfittiamo dei fatti del Colosseo per cambiare in modo urgente la legge 146 sugli scioperi. Il Parlamento si dia da fare».
DAL FRONTE opposto la Cgil va giù pesante mentre la Uil di Barbagallo media auspicando modalità diverse per le proteste per non mettere in difficoltà i visitatori. Il responsabile del Mibact, Franceschini, ondeggia tra una minaccia e una rassicurazione ma tace sulla circostanza che maggiormente ha intrigato i dietrologi della politica: il decreto è stato preparato in due ore o era pronto da tempo per essere caricato nel fucile di Renzi? La seconda appare l’ipotesi più fondata. Per Franceschini il provvedimento è «un passaggio storico» e come tale è da augurarsi che abbia richiesto una ponderazione superiore ai trenta minuti.
SE NON BASTASSE il premier a rendere inviso il Pd ai sindacati, ci pensa Francesca Barracciu, sottosegretario Mibact a fare il resto con un tweet dove definisce quanto avvenuto al Colosseo un «reato». Poi corregge, precisa, puntualizza e spiega che lo è «in senso lato» ma, intanto, il web si gonfia di accuse alla sottosegretaria che si racchiudono in una richiesta di dimissioni e in una campagna sarcastica al grido di #reatoinsensolato.
LA STAMPA