«Entreremo a Roma e ti taglieremo la testa. Allah è grande» Firmato Isis. È questo il testo, scritto in un arabo approssimativo, di una lettera recapitata nelle scorse settimane al ministero della Giustizia di via Arenula e indirizzata al titolare del dicastero Andrea Orlando. Nel plico, anche due proiettili di un fucile mitragliatore AK47 «Kalashnikov». La Procura di Roma ha aperto un fascicolo sul caso anche se per il momento si resta abbastanza cauti sui possibili autori del gesto. Tanto le modalità che l’utilizzo errato della lingua araba fanno dubitare che dietro le minacce al Guardasigilli si celi realmente lo Stato Islamico, che per i suoi «avvisi» sceglie solitamente modalità mediaticamente più d’impatto.
In ogni caso al ministro della Giustizia sono arrivati numerosi attestati di solidarietà bipartisan, a partire da quello della presidente della Camera Laura Boldrini: «Le minacce non fermeranno l’impegno di Orlando contro il terrorismo». Dal Partito Democratico hanno parlato i due vicesegretari Lorenzo Guerini e Deborah Serracchiani: «Esprimiamo a nome nostro e di tutto il Partito democratico la vicinanza e solidarietà ad Andrea Orlando per il grave e preoccupante atto intimidatorio di cui è stato fatto oggetto. Si tratta di un gesto inquietante e sul quale è necessario che venga fatta al più presto luce». Mentre dall’opposizione è giunta la voce del governatore ligure Giovanni Toti di Forza Italia: « «Voglio esprimere la mia solidarietà ad Andrea Orlando per le vili minacce che ha ricevuto. Siamo certi che il suo lavoro non si fermerà di fronte a queste intimidazioni».
In serata dalla propria pagina Facebook lo stesso ministro ha ringraziato tutti gli esponenti che gli avevano espresso vicinanza: «Grazie alle tante persone, ai colleghi, ai tanti parlamentari e amici, ai moltissimi cittadini che in queste ore mi hanno trasmesso la loro solidarietà – ha scritto Orlando – Fa davvero piacere sentire questo calore e affetto». «Un ringraziamento particolare – ha continuato il Guardasigilli – lo devo alle persone che ogni giorno si occupano della mia sicurezza con sacrificio e dedizione, gli agenti della polizia penitenziaria che mi stanno accanto quotidianamente. Il nostro dovere è battere il terrorismo, difendendo i principi di libertà e uguaglianza che sono alla base della nostra convivenza civile. Non saranno queste minacce a fermarci, chi vuole seminare paura non raggiungerà il suo scopo. Non reagiremo chiudendoci, ma continuando a dialogare e a confrontarci».
Il Tempo.it