SIL-VIO, Sil-vio». Un gruppo di fedelissimi sventola una bandiera di Forza Italia, annegata in un mare di vessilli leghisti. Cerca di farsi sentire, in piazza Maggiore. Ma i cori «Mat-teo, Mat-teo» – scanditi durante l’intervento di Silvio Berlusconi – hanno il sopravvento. Il popolo leghista riunito a Bologna reclama sul palco il proprio leader: Matteo Salvini.
Scalpita nervoso, quasi infastidito, quando l’ex premier si dilunga snocciolando percentuali e punti di programma. Mormorii, fischi, e grida: «Basta! Fai parlare Matteo».
«Questa non è la nostra piazza», riconoscerà a fine manifestazione l’ex ministro Mariastella Gelmini. In effetti, Berlusconi – nei 26 minuti del suo discorso – non riesce quasi mai a scaldare la platea, a entrare in sintonia con la piazza. Ci prova con i temi storici: dalla «magistratura politicizzata che usa le leggi come vuole e le sentenze per fare fuori gli avversari politici», alla promessa della diminuzione delle tasse.
Ci prova proponendo una sorta di nuovo contratto con gli italiani, in sei punti. Ma fa l’errore di spiegarli uno per uno, chiamando in causa il pubblico. Sfora i tempi. Al punto che Salvini lo affianca sul palco, sussurrandogli (inutilmente) di stringere.
NEL SUO intervento, Berlusconi rende un affettuoso omaggio a Umberto Bossi, l’alleato di ieri, «persona di un coraggio straordinario». E loda gli alleati di oggi: la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni («scatenata, inarrestabile e convincente») e Salvini («che ha portato la Lega dal 4% a più del 14%, congratulazioni vivissime»).
Accettando di essere sul palco di Bologna, dopo giorni di dubbi e ripensamenti, l’ex premier sapeva bene di correre il rischio di fare il comprimario in quello che rischiava di essere un Salvini show. Ha deciso di correrlo, a dispetto di «figli, manager e amici che mi consigliavano di fare un passo fuori dalla politica». Non se l’è sentita di chiamarsi fuori, spiega, «come nel ’94, per il forte senso dello Stato che allora e oggi mi impone di essere in campo per salvare l’Italia da un futuro confuso e negativo». E soprattutto, da piazza Maggiore Berlusconi vuole mandare anche un segno di ritrovata unità del centrodestra.
«Con Matteo, con Giorgia e con Silvio non ce ne sarà più per nessuno», dice l’ex premier.
Sulla stessa linea la Meloni: «Oggi, da questa piazza nasce un fronte anti-Renzi. Da domani siamo più forti».
IL CAVALIERE – che a pranzo, in un ristorante bolognese, farà un piccolo bagno di folla tra alcune fan entusiaste – si pone come collante di un centrodestra del quale si sente ancora punto di riferimento. Guarda al futuro con ottimismo, parla di «vittoria alle prossime elezioni, superando il 40%».
E attacca il premier e l’Italicum. «Renzi, che non è stato mai eletto, cambia in suo favore la legge elettorale e ha l’ardire di cambiare la Costituzione, costruendo un sistema con un’unica Camera che fa le leggi, un solo partito con il 55% dei deputati. Un partito che avrà un solo duce e sarà questo signore, mai eletto. Ma quello sarebbe un regime».
