L’esodo dei giovani dalla Romagna assume proporzioni sempre più preoccupanti. Tra il 2011 e il 2024, il tasso di emigrazione della fascia d’età 18-34 anni è salito da 2 a 7,9 cancellazioni anagrafiche ogni mille residenti. A certificare questa crescita è il nuovo report della Fondazione Nord Est, elaborato per Antares e l’Osservatorio CISL Romagna, che tratteggia un fenomeno ormai strutturale, capace di incidere profondamente sull’economia e sul tessuto sociale del territorio.
In passato era la provincia di Rimini a guidare l’emigrazione giovanile, ma oggi il fenomeno si è esteso: il peso percentuale del riminese è sceso dal 48% al 36%, mentre Ravenna e Forlì-Cesena hanno fatto registrare impennate significative, rispettivamente quadruplicando e quintuplicando i numeri. Un segnale, secondo la CISL, che la fuga dei giovani non è più confinata a singole aree, ma è diventata realtà diffusa su tutto il territorio romagnolo.
Se parte dell’incremento registrato nel 2024 è legato a un aggiornamento normativo sull’iscrizione all’AIRE, la crescita è comunque continua dal 2020 e investe soprattutto i giovani con titoli di studio elevati. I dati parlano chiaro: quasi due terzi degli espatriati tra i 25 e i 34 anni sono laureati. A guidare questa fuga di capitale umano sono province come Parma (67,6% di laureati tra gli emigrati), Bologna (64,4%) e Forlì-Cesena (60,9%), ma anche Ravenna (54,5%), Ferrara (51,7%) e Rimini (49,2%) si attestano su valori alti.
Un’emorragia silenziosa che impoverisce non solo il panorama demografico ma soprattutto quello produttivo e innovativo, alimentando un circolo vizioso fatto di occasioni mancate. La crescita del fenomeno, però, non corrisponde a una riduzione del numero di giovani residenti: tra il 2020 e il 2024, la popolazione tra i 18 e i 34 anni è aumentata del 4% a Rimini e Forlì-Cesena, e addirittura del 9% a Ravenna. Un dato che rivela una contraddizione: la presenza giovanile c’è, ma molti scelgono comunque l’estero per costruire un futuro.
Alla base di questa scelta non ci sono solo le difficoltà occupazionali. Secondo la CISL, pesa in modo crescente l’impossibilità di trovare una casa dignitosa e accessibile. Gli affitti nelle province romagnole sono saliti in modo netto, creando una barriera soprattutto per chi non ha redditi stabili. L’assenza di soluzioni abitative adeguate diventa così una delle principali molle della partenza.
Per il segretario generale CISL Romagna, Francesco Marinelli, la situazione è allarmante: il territorio, afferma, soffre per la mancanza di lavoro stabile e per le condizioni abitative sempre più precarie, fattori che impediscono ai giovani di progettare una vita e li spingono altrove. Secondo Marinelli, è necessario un patto territoriale che coinvolga istituzioni, imprese e sindacati per rilanciare l’occupazione qualificata, investire nella formazione e affrontare con decisione l’emergenza casa.
Ma trattenere i giovani, sottolinea, non basta. Bisogna offrire loro prospettive concrete, attraverso salari dignitosi, stabilità contrattuale e accesso a soluzioni abitative sostenibili. Solo così, aggiunge, si potrà invertire la tendenza e restituire alla Romagna il suo capitale umano.
Nel report trova spazio anche un elemento spesso trascurato: la crescita della componente giovanile straniera. Dal 2011 al 2024, l’Emilia-Romagna ha accolto quasi 187.000 giovani provenienti dall’estero, in particolare da Romania, Albania, Ucraina, ma anche da Paesi asiatici e africani. Nelle province romagnole, la componente europea resta dominante, anche se con differenze locali. Una dinamica che da un lato mitiga l’effetto della fuga dei residenti, ma dall’altro sottolinea la crescente complessità del mercato del lavoro locale.
Marinelli chiude con un appello: trattenere e attrarre giovani competenti è la sfida decisiva per il futuro della Romagna. E per riuscirci servono politiche lungimiranti e scelte coraggiose, capaci di rendere il territorio un luogo dove restare o tornare non sia solo possibile, ma desiderabile.