Il 2025 si profila come l’anno peggiore degli ultimi vent’anni per la pesca delle vongole nel tratto di mare che va da Cesenatico a Goro. Una crisi profonda, causata da morie cicliche e persistenti, che ha quasi azzerato la produzione e messo in ginocchio la sostenibilità economica dell’intero settore. I banchi di molluschi sotto costa sono ormai un ricordo, lasciando solo gusci vuoti e un futuro incerto per gli operatori.
A lanciare l’allarme è Manuel Guidotti, presidente del consorzio Cogemo di Ravenna, che associa le 18 imbarcazioni autorizzate a operare in quest’area. Secondo Guidotti, quest’anno l’attività di pesca si è limitata a soli tre mesi, da giugno ad agosto, per appena tre giorni a settimana, dopo cinque mesi di fermo totale. Il ritorno in mare a settembre è stato drammatico: nel giro di un solo fine settimana, un’improvvisa e vasta moria ha distrutto circa il 70% del prodotto presente sui fondali, lasciando solo gusci vuoti.
La causa principale di questa strage ricorrente è il fenomeno della carenza di ossigeno disciolto nell’acqua, che si manifesta tra la fine dell’estate e l’autunno, soffocando letteralmente le vongole. Guidotti descrive una criticità ormai cronica, confermata anche da una relazione della Cooperativa Mare di Cattolica inviata all’assessorato regionale. Le morie non lasciano il tempo ai banchi di riformarsi, impedendo ai molluschi di raggiungere la taglia minima di 22 millimetri necessaria per la pesca e la commercializzazione. Le prospettive sono cupe, poiché i monitoraggi attuali rilevano solo esemplari minuscoli, estremamente vulnerabili a futuri episodi di anossia.
Il settore della pesca della vongola, nota localmente come “poverazza”, è regolamentato da cinquant’anni nell’Adriatico centro-settentrionale, con un limite di prelievo di 400 chili al giorno per imbarcazione e periodi di fermo biologico. In Emilia-Romagna operano 54 barche autorizzate alla pesca con draga idraulica entro un miglio dalla costa, suddivise tra il consorzio di Rimini (36 imbarcazioni) e quello di Ravenna (18). È proprio quest’ultimo, il cui raggio d’azione si estende dal canale di Zadina fino alla foce del Po di Goro, a subire gli effetti più devastanti di una crisi ambientale ed economica senza precedenti.











