Sala sogna il bis a Milano. Ma lascia una città in affanno

Un coup de théâtre. Nel giorno di Sant’Ambrogio, la festa del patrono di Milano, il sindaco Beppe Sala sgancia la notizia bomba. «Volevo essere totalmente sicuro di avere in me le energie fisiche e mentali necessarie per impegnarmi per un altro quinquennio – spiega in un video girato ieri mattina nella sua casa a Brera, alle spalle una gigantografia di New York, un quadretto dei Beatles e la foto della fidanzata Chiara Bazoli -. Ora sento che posso farcela, alla fine di una lunga riflessione ho deciso di ricandidarmi alla carica di sindaco». Una scelta rinviata a lungo: doveva arrivare dopo le ferie estive, poi era slittata a ottobre, negli ambienti del Pd assicurano che avesse deciso «già tre mesi fa», ma ormai sembrava che volesse attendere gennaio, per scoprire le carte dopo il centrodestra. Più volte nelle ultime settimane ha ripetuto che c’è il rischio che il voto slitti dalla primavera a settembre («non c’è fretta»). Secondo gli avversari invece, appurato che non c’erano all’orizzonte alternative nazionali, ha dovuto rassegnarsi e mettere fine al teatrino. «Nelle scorse settimane – spiega invece Sala a margine della presentazione della serata A rivedere le stelle che ha sostituito la tradizionale Prima al Teatro alla Scala, annullata causa Covid – ero un po’ spaventato dalla fatica di dieci anni di lavoro», prima come manager di Expo 2015 e poi da sindaco. «Ho sempre sentito il richiamo del dovere ma, per dirla terra a terra, volevo averne voglia. È arrivata pian piano e negli ultimi giorni mi è scattata questa maledetta voglia». Anche se ammette che non sarà una campagna in discesa, «sarà diversa dal solito», condizionata dalle regole anti contagio, e «per nulla scontata. Non conosco ancora i nomi dei competitori, è difficile dire quante possibilità ci sono. Ma la seconda campagna si affronta con più serenità, perdere la prima poteva essere un problema, avevo lasciato tutto, adesso sono pronto a rispettare il giudizio dei milanesi e con la coscienza a posto. Il mio contributo l’ho dato. Sono fiero di aver potuto guidare Milano in un periodo così particolare, estremante glorioso per i primi 4 anni e difficilissimo nell’ultimo. E dando per scontato che non tutti saranno d’accordo, sono fiero di come l’ho fatto, ci sono le opinioni e ci sono i fatti». E tra i «fatti» elenca le trasformazioni urbanistiche e ambientali, le Olimpiadi invernali 2026, e pure il sacrificio personale: «Tanti dicono di amare la città, io l’ho dimostrato dedicando una parte importante significativa della mia vita al bene dei milanesi, sono più di dieci anni che antepongo tutto ciò alla mia vita privata». Si candida «non per completare il lavoro ma per guidare una nuova trasformazione di Milano, alla fine io sono un uomo del cambiamento».

Sala «guastafeste». Con il suo annuncio ruba la scena ai milanesi premiati ieri mattina con gli «Ambrogini» (sul palco anche Chiara Ferragni e Fedez), e all’inaugurazione seppure inconsueta della Scala. «Il giorno di Sant’Ambrogio mi sembrava un bel momento, ci saranno scontenti ma gli altri saranno doppiamente contenti» dice. Ci vorrà tempo perché Milano torni ad essere la città delle week e degli 8 milioni di turisti all’anno, i milanesi dovranno eleggere il sindaco della ricostruzione. E Sala potrebbe non rispondere più l’identikit. Alla lista dei fatti gli avversari rispondono con le promesse mancate o le stangate inflitte ai cittadini. Un maxi piano per le periferie che è rimasto libro dei sogni, il biglietto dei mezzi pubblici a 2 euro, la creazione di piste ciclabili che in piena emergenza Covid sono riuscite a creare traffico anche se le auto sono dimezzate, le misure anti crisi inadeguate per i commercianti che cercano di sopravvivere. Difficile (almeno per ora) che decolli un’alleanza Pd-M5s sotto la Madonnina. L’esponente grillina in Comune Patrizia Bedori gli augura «buona campagna» ma «dispiace – sottolinea – che in 5 anni abbia realizzato ben poco del suo programma. Siamo stanchi di sindaci che fanno promesse senza mantenerle».



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