Salman Rushdie nella ‘Città della vittoria’

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  • (di Mauretta Capuano) (ANSA) – ROMA, 07 FEB – SALMAN RUSHDIE, LA CITTA’ DELLA
    VITTORIA (MONDADORI, PP 357, EURO 22). Ha nove anni Pampa
    Kampana quando la madre lascia la sua mano per gettarsi tra le
    fiamme, per andare incontro alla morte in un rogo, insieme ad
    altre donne, dopo che tutti i loro mariti sono morti come
    soldati in battaglia. Questa bambina distrutta dal dolore vivrà
    247 anni e riceverà dalla dea dell’induismo Parvati, la moglie
    di Shiva, di cui è un’incarnazione, enormi poteri. Un dono che
    userà per creare una città immaginaria, un regno del fantastico
    di cui sarà più volte regina, chiamato Bisnaga, letteralmente “la città della vittoria”. Un regno nato dal sangue e dal fuoco
    in cui gli uomini “iniziassero a considerare le donne con occhi
    nuovi”.
        Nel suo nuovo attesissimo romanzo, ‘La città della vittoria’
    appunto, Salman Rushdie torna all’India delle origini, immagina
    di ritrovare l’immenso poema narrativo su Bisnaga scritto in
    sanscrito da Pampa, conservato in un vaso di terracotta
    sigillato con la cera e seppellito. Una storia in cui ci fa
    rivivere, in oltre 350 pagine, la straordinaria e lunga vita di
    questa profetessa nell’India del XIV secolo.
        Il romanzo arriva nelle librerie italiane e in quelle degli
    Stati Uniti il 7 febbraio, pubblicato da noi per Mondadori nella
    traduzione di Stefano Mogni e Sara Puggioni, a sei mesi
    dall’agguato durante un evento letterario nei pressi di New
    York, in cui l’autore de ‘I versi satanici’ e di ‘Figli della
    mezzanotte’ (Booker Prize nel 1981) è stato gravemente ferito a
    coltellate.
        Poetessa cieca, artefice di grandi miracoli, Pampa Kampana passa
    molto tempo dopo la morte della madre senza dire una parola in
    una grotta, dimora di un monaco. Il compito che la dea Parvati
    le ha assegnato è quello di garantire alle donne un potere
    paritario in un
    mondo patriarcale e a Bisnaga le donne faranno quello che
    altrove nel paese veniva considerato inadatto a loro. La Regina
    Pampa Kampana ha apertamente mariti e amanti come il forestiero
    portoghese dai capelli fulvi e gli occhi verdi che sarà
    determinante per trovare il nome della città quando viene
    creata. Tra i forestieri compare nel libro anche un italiano
    Niccolò de’ Vieri che viene dalla Serenissima, “più
    affascinante di qualsiasi altra città della terra, la cui vera
    bellezza e la cui natura più autentica sono invisibili”. Pampa
    ad un certo punto ha anche la responsabilità di sovrintendere al
    progresso dell’architettura, della poesia, della pittura, della
    musica e delle questioni sessuali di quel regno scomparso che si
    estendeva in tutta l’India meridionale.
        Saga di amore, avventura e mito, ma soprattutto toccante
    testimonianza sul potere della narrazione ‘La città della
    vittoria’ viene creata grazie a un sacchetto di semi magici ma
    ad un certo punto gli esseri umani devono imparare a vincere le
    proprie battaglie da soli. La regina che nella sua lunga vita
    avrà tre figlie e poi tre figli, questi ultimi ripudiati, fugge
    due volte dal regno, vive nella giungla, cade addormentata e
    viene risvegliata da un gesto d’amore, torna a Bisnaga tra
    cadute e gloria, fino alla tragica rovina provocata
    dall’arroganza dei potenti e il commovente finale.
        La longevità è un dono ma soprattutto una dannazione per Pampa
    per la quale il tempo scorre lento, è ancora giovane e bella
    mentre vede invecchiare e morire le persone intorno a lei, tutti
    quelli che ha amato e che hanno composto le sue famiglie. “Le
    parole sono le uniche vincitrici” come dice nel suo poema.
        Composta da quattro parti: Nascita, Esilio, Gloria e Caduta, la
    saga tra battaglie vinte e perse, governanti, donne guerriere,
    tesse una trama del tempo e del destino che è nello stesso tempo
    fuori e dentro la realtà, in cui la personalità dei luoghi e
    delle persone è intessuta sui ricordi e in cui spesso quello che
    è accaduto sembra non essere mai esistito se non nei sogni. E
    dove il trionfo e il fallimento alla fine si incontrano.
        “Ho sempre creduto che una donna potesse mettere radici in se
    stessa” dice Pampa Kampana nel romanzo, il tredicesimo di
    Rushdie, ancora convalescente per l’attacco del 12 agosto 2022,
    arrivato 33 anni dopo la fatwa per ‘I versi Satanici’, per cui
    non sono previste presentazioni del libro che esce nel Regno
    Unito il 9 febbraio. (ANSA).
       


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