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I rincari sulle bollette energetiche hanno riacceso l’attenzione sul nucleare. Soltanto due giorni fa sembrava archiviato il braccio di ferro tra il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, e il nuovo leader del Movimento Cinquestelle che accusava sostanzialmente il componente del governo di aprire al nucleare senza il benestare dei partiti di maggioranza.
Ora che lo stesso Cingolani ha ammesso che le bollette degli italiani rincareranno tra il 30 e il 40%, sono in molti a riprendere il mano il dossier nucleare. Il leader della Lega, Matteo Salvini, però, prende il toro per le corna e prima ancora che i suoi detrattori usino la carta dell’acronimo nimby (not in my backyard, cioè «non sotto casa mia») afferma di non avere problemi a tornare al nucleare. «Anche qui in Lombardia – conferma intervenendo alla trasmissione Radio anch’io – Che problema c’è? Ci sono centrali nucleari nei centri storici di tante città». Per poi aggiungere: «L’Italia è l’unico Paese del G8 senza nucleare, oggi sono funzionanti 128 centrali nucleari, di cui 58 in Francia. E la Svezia di Greta ne conta otto».
Una dichiarazione, in campagna elettorale e sotto lo choc provocato sull’opinione pubblica dal rincaro delle bollette, che ha creato una forte reazione a catena. «Restiamo contrari in generale a riaprire una discussione su cui gli italiani si sono già espressi in modo chiaro con un referendum – replica il senatore del Pd Franco Mirabelli – Ma per curiosità e trasparenza sarebbe utile che i lombardi potessero sapere dove esattamente Salvini propone di collocare la sua centrale». Stessa richiesta giunge dal M5S della Lombardia: «Salvini vuole le centrali nucleari in Lombardia? Ci dica dove la costruirebbe, quando sarebbe operativa e quanto costerebbe ai cittadini», chiede il capogruppo pentastellato Massimo De Rosa. «Soprattutto spieghi quanto vale per lui e per la Lega il voto di quei milioni di italiani espressi inequivocabilmente in maniera contraria attraverso non uno, ma due referendum». Di referendum, però, Salvini non vuole parlare. «Ce ne sono in ballo già molti», replica. E si vede che il suo coup de théâtre ha spiazzato più di un compagno di partito, costretti – come il governatore Attilio Fontana -ad abbandonare il solito pragmatismo e a parlare in termini generali sull’utilità e sull’affidabilità della nuova generazione di reattori, senza però accennare ai costi e allo stoccaggio delle scorie radioattive.
Un’apertura al dialogo la offre il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori. «Con le sole rinnovabili – spiega – non ci arriviamo al 2050. Bisogna mettersi attorno al tavolo e discutere del nucleare». Senza, però, slogan a effetto come quelli usati dagli eterni nemici (Salvini «centrali nucleari anche nei centri storici» e Conte che replica: «Vada in Francia»). Stessa disponibilità al dialogo e a un confronto serio e articolato mostra anche Antonio Tajani. Per il coordinatore nazionale di Forza Italia il costo delle materie prime «provocherà qualche danno perché il costo dell’energia è troppo alto e a quel punto bisognerà aprire un discorso anche sul nucleare pulito».
Sui rincari delle bollette una prima apertura la offre lo stesso Conte: «Gli oneri di sistema addebitati in bolletta, che finanziano le fonti rinnovabili e lo smantellamento dei siti nucleari, di fatto rendono iniqui i costi delle bollette, perché sono imputati in maniera non progressiva rispetto al reddito personale».
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