San Marino. 2° Congresso USL. Relazione del Segretario Generale Francesco Biordi

Biordi FrancescoCare delegate, cari delegati,

desidero anzitutto rivolgere con stima e rispetto a nome di tutti voi un sentito ringraziamento alle Autorità della nostra Repubblica che ci onorano della loro presenza in questa giornata di apertura del nostro 2° Congresso Confederale e indirizzare con piacere un affettuoso benvenuto a tutti gli ospiti e le delegazioni presenti.

Un caloroso abbraccio a tutti voi, delegate e delegati, un grazie di cuore per il grande lavoro svolto in questi anni, per la dedizione e il coraggio dimostrati nell’abbracciare l’avventura di costruire un nuovo e moderno sindacato a San Marino. Un sogno realizzato nell’autunno del 2008 con il riconoscimento giuridico dell’USL, tra l’aspro e talvolta incomprensibile contrasto delle altre due organizzazioni e la simpatia e il sostegno di centinaia di lavoratrici e lavoratori desiderosi di portare il proprio contributo al cambiamento della mentalità che da molti anni stagnava nel mondo sindacale.

C’era bisogno di aria nuova nel mondo del lavoro e noi siamo orgogliosi di essere riusciti a piantarne il seme nella nostra Repubblica. È qualcosa che ci dà speranza e che ci ricorda in questi tempi difficili in cui lo scoraggiamento e la rassegnazione trovano spesso terreno fertile, che il cambiamento è possibile realizzarlo ma dobbiamo crederci.

Care delegati, cari delegati, in questa fase di preparazione del Congresso, nei molti incontri, assemblee, riunioni che abbiamo fatto per tracciare insieme il percorso del lavoro futuro, più volte ne abbiamo discusso. Pur essendo passati poco meno di sei anni da quando siamo nati, andando all’autunno del 2008 sembra di parlare di un altro mondo.

Il terremoto finanziario esploso proprio nel 2008 negli Stati Uniti ha infatti messo in crisi l’economia globale, generando una perdita di ricchezza, in valore assoluto, senza precedenti. Crollo dei consumi, chiusura di aziende, aumento esponenziale della disoccupazione, sono le principali e più evidenti conseguenze.

La tempesta ha investito l’Europa, la vicina Italia, San Marino. Con l’aggravante nel nostro Paese che alla brusca frenata dell’economia reale dovuta alla recessione internazionale si è sommata la paralisi politico-diplomatica con l’Italia, nostro principale e quasi esclusivo partner economico, con la conseguente entrata in black- list del nostro Paese, da cui solo recentemente ci siamo affrancati.

Le conseguenze sono note. Questo scossone ha messo a nudo le contraddizioni e le fragilità del nostro sistema, la vecchia San Marino del segreto bancario e dell’anonimato societario, imponendo di rimodulare dalle fondamenta i “driver” della nostra economia. Tutto ciò ha reso necessario cambiare il modo di produrre ricchezza, dopo l’ubriacatura di un’economia di carta ben rappresentata nell’immaginario collettivo dallo slogan “fare i soldi con i soldi”, restituendo un rinnovato valore all’economia reale e al lavoro delle donne e degli uomini che la

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generano. Ha imposto restrizioni alla fuga di capitali e il contrasto a qualsiasi zona d’ombra nelle relazioni economiche, in nome di nuovi standard di trasparenza e legalità decisi dalla comunità internazionale.

Evidenti le ferite ancora aperte nel tessuto economico e sociale del Paese. La nostra Repubblica, con i suoi 33.000 abitanti, ha conosciuto in quest’arco di tempo una perdita secca del potere di acquisto dei salari e degli stipendi dei suoi 19.000 lavoratori occupati del 15%, un calo del numero delle aziende del 20% e la perdita di circa 2000 posti di lavoro, di cui una buona parte frontalieri, attestandosi a un tasso di disoccupazione a marzo 2014 pari all’8,4%, a cui va aggiunto un consistente e massiccio ricorso alla cassa integrazione. In questo quadro, allarmante la crescita esponenziale del tasso di disoccupazione giovanile che ormai ha superato il 35% dei nostri giovani in età lavorativa.

Poche cifre che segnano inequivocabilmente la profondità della crisi ancora in corso e che hanno condotto i governi in carica, compreso l’attuale Governo, a intraprendere una serie di riforme strutturali in grado di condurre la Repubblica di San Marino su un piano di sviluppo e su una rimodulazione strategica della sua posizione politico- economica all’interno dello spazio geografico europeo. Un piano e una strategia che, ad oggi, costituiscono per noi un desiderata che non ha trovato risposte adeguate.

Un’importante riforma di cui il Paese aveva estremo bisogno era senz’altro la riforma tributaria. Una riforma necessaria, una riforma cruciale perché tocca il primo e più importante rapporto del cittadino con lo Stato e contribuisce a determinare la redistribuzione della ricchezza del Paese oltre che, naturalmente, influire sulle nostre relazioni economiche internazionali. Sul finire dello scorso anno, il Governo ne ha approvato il testo definitivo, oggi legge dello Stato, che pur migliorato rispetto alla versione originaria, tuttavia non riesce a cogliere quello che era e resta l’obiettivo primario che doveva raggiungere: l’equità.

Equità che sarebbe stata possibile solo se si fossero introdotti dei validi strumenti di accertamento di tutti i redditi, da intendersi non in senso vessatorio ma come elemento virtuoso al fine di creare le condizioni affinché tutti i soggetti concorrano in funzione delle proprie reali capacità contributive (fino al punto in cui si può arrivare a sgravare di oneri fiscali anche un imprenditore/libero professionista che dimostri di essere in reali condizioni di difficoltà).

Senza questi strumenti, la riforma corre il rischio non solo di risultare iniqua ma di compromettere anche i risultati economici che si proponeva di conseguire, risultati che sarebbero stati possibili solamente attraverso un effettivo allargamento della base imponibile, garantendo così il mantenimento di una bassa fiscalità, che resta comunque un “asset” imprescindibile per l’attrattività economica della nostra Repubblica. Inoltre, la riforma avrebbe dovuto assicurare ai contribuenti un’applicazione certa della nuova normativa, elemento che invece segna numerosi punti di debolezza e non previene in maniera funzionale i tentativi fraudolenti, tutto ciò a scapito dei contribuenti onesti e del lavoro dipendente che viene tassato attraverso il sostituto d’imposta.

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La nostra organizzazione inoltre chiedeva che all’interno del progetto di riforma fiscale venissero previste misure urgenti a sostegno della crescita e della creazione di nuova occupazione sia per sostenere e rafforzare i settori “in salute”, sia per rivitalizzare quelli in maggiore difficoltà. Come affermato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro, occorre investire nello sviluppo dell’imprenditoria: stimolare la cultura imprenditoriale è un elemento centrale per la creazione di lavoro e il rilancio del sistema paese.

Invece, al momento il risultato ottenuto da questa riforma è stato quello di burocratizzare il Paese senza in alcun modo agevolare gli investimenti, interni ed esteri. Le potenzialità del Paese sono rimaste sullo sfondo e le nostre proposte inascoltate, nonostante le reiterate richieste e le diverse iniziative di supporto, tra cui la riuscitissima “Marcia per San Marino”, manifestazione fortemente incisiva e significativa, che nel Settembre 2013 ha riunito sul Pianello quasi un migliaio di persone tra lavoratrici, lavoratori, pensionati, bambini, disoccupati, studenti e famiglie.

Il Governo ha dato la propria ricetta nella Legge Sviluppo, cercando di individuare delle misure in grado di favorire l’attrattività economica del nostro territorio. Abbiamo però rilevato, nell’impianto del decreto, quanto i vincoli e le condizioni richieste siano eccessivi. In un momento storico come quello attuale, dovrebbero essere agevolate le nuove imprese sia attraverso lo snellimento burocratico sia imponendo loro impegni economici compatibili con l’attuale crisi europea, pur restando la necessità di dare delle garanzie patrimoniali a favore dello Stato da parte degli investitori esteri. Gli incentivi offerti risultano invece dedicati a quelle imprese già consolidate sul mercato, dato che l’accesso e l’assegnazione di essi sono legati a un numero minimo di dipendenti effettivamente già impiegati. In un trend globale fatto di innovazione e startup, a San Marino si continua a puntare prevalentemente su vecchie logiche che rappresentano interessi parziali.

Questa riforma ha mancato l’obiettivo, di cui la nostra Repubblica avrebbe davvero bisogno, di dare al Paese una vera politica economica, una visione d’insieme del sistema economico sammarinese, che ne diriga lo sviluppo, che comprenda i bisogni del mercato e soprattutto porti San Marino a ricollocarsi nel sistema europeo. Il Paese deve scegliere una politica economica chiara e incentivarla in maniera coerente.

È utile ricordare a tutti il progetto in corso della creazione di un Parco Scientifico e Tecnologico per la nostra Repubblica. Un progetto nel quale riponiamo le nostre migliori aspettative, anche se ancora non vediamo da parte del Governo un impegno adeguato riguardo alle infrastrutture principali, quali ad esempio l’assicurarsi il buon funzionamento dell’aeroporto di Rimini, che sappiamo essere in gestione di esercizio provvisorio da parte del curatore fallimentare. Una situazione che è eufemistico definire di “incertezza per il prossimo futuro”.

Nel rilancio del sistema paese, un ruolo importante è giocato inoltre dal buon funzionamento della pubblica amministrazione, oggetto, anch’essa, di una serie di

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interventi da parte del Governo. L’obiettivo della riduzione della spesa non crediamo debba attuarsi attraverso tagli lineari, quanto piuttosto attraverso l’introduzione di criteri di merito, un’analisi accurata degli sprechi, la responsabilizzazione dei centri di spesa e una profonda riorganizzazione. In tal senso, l’USL auspica che venga garantito un costante e crescente coinvolgimento delle organizzazioni sindacali nei processi di razionalizzazione che devono necessariamente accompagnarsi a processi di miglioramento, innovazione e modernizzazione.

Attraverso un aggiornamento consapevole e pianificato, la Pubblica Amministrazione potrà iniziare un nuovo percorso di avvicinamento e di apertura ai cittadini, in grado di favorire lo sviluppo di processi virtuosi di collaborazione, stimolando la partecipazione e rendendo così la cittadinanza attiva. La situazione di crisi impone però che vengano create condizioni di misurabilità, verificabilità e incentivazione della qualità dei servizi e delle funzioni pubbliche in modo da valorizzare le professionalità dei lavoratori pubblici ed avere dei parametri significativi per le politiche premiali nei loro confronti.

In questa direzione, sarà fondamentale una più efficace distinzione dei ruoli politici da quelli amministrativi, laddove la funzione amministrativa dovrà essere esercitata esclusivamente in base a criteri di merito e competenza, non in dipendenza di esigenze che nulla hanno a che fare con il buon funzionamento della macchina pubblica. Un sistema basato sul merito, che ricollochi i lavoratori al centro dei processi di riforma e della riorganizzazione della pubblica amministrazione.

Occorre rilanciare la qualità e il valore del lavoro pubblico, affinché i servizi rivolti ai cittadini e alle imprese guadagnino il carattere della certezza del diritti di cittadinanza. Un modello che avrebbe sicure ricadute sul funzionamento del comparto pubblico, il cui obiettivo è quello di fornire servizi ai cittadini e alle imprese, e renderebbe il nostro Paese più attraente per gli investitori esteri, che certamente apprezzano il vantaggio fiscale che possiamo offrirgli, ma che risulta senz’altro insufficiente se non collegato alla qualità dei servizi e alla semplificazione burocratica degli adempimenti in un quadro giuridico che deve garantire la certezza del diritto, tutto ciò associato a infrastrutture di altissimo livello.

Allo stesso tempo, un Paese che guarda con progettualità al futuro dei suoi cittadini e dei giovani in particolare, non può permettersi di lasciare indietro le fasce più deboli della popolazione e non dare risposte al problema della crescita della disoccupazione. L’USL sta seguendo gli sviluppi della Riforma del mercato del lavoro, ed ha già sottoposto al governo le proprie osservazioni. La riforma dovrà spostare il centro dell’attività degli uffici per l’impiego da compiti prevalentemente burocratico/amministrativi ad un’azione basata su veri servizi per l’occupazione, ossia orientamento, consulenza e formazione (anche in collaborazione con il C.F.P.), in modo che siano in grado di offrire un effettivo sostegno alle persone in cerca di prima occupazione o di reinserimento lavorativo.

L’ente che si occuperà delle politiche del lavoro dovrà avere al centro delle proprie attività coloro che cercano lavoro (domanda di lavoro) e coloro che offrono lavoro

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(offerta di lavoro), superando l’anacronistica impostazione attuale incapace di rispondere alle esigenze di lavoratori e datori di lavoro e di sfruttare appieno le opportunità e la dinamicità offerte dalle nuove tecnologie.

Per fare ciò, si deve partire da un sistema in grado di effettuare un vero bilancio e una vera certificazione delle competenze delle persone in cerca di lavoro, al fine di orientarle in base alle loro capacità, professionalità ed esperienza nel mercato del lavoro sammarinese. Al contempo, le aziende dovranno mettere a disposizione di tali enti i dati e le caratteristiche relative alle professionalità necessarie ai fini di implementare la propria capacità produttiva.

In questo quadro di riorganizzazione della pubblica amministrazione e del mercato del lavoro, una funzione primaria è giocata dall’università. Uno stato che voglia rilanciare la propria economia deve provvedere a compiere l’analisi dei fabbisogni formativi rispetto al mercato del lavoro, che consenta così di raccordare coerentemente i sistemi di istruzione e formazione rispetto all’effettivo bisogno delle competenze professionali esistenti nella Repubblica di San Marino. Dovrebbero essere incentivate le politiche di orientamento, per indirizzare i giovani verso le aree di studio più promettenti per quanto riguarda il sistema produttivo indicando così allo stesso tempo le nuove figure professionali che l’evoluzione della tecnica e del mondo del lavoro creano e ricercano.

Un quadro di riforme, dunque, che si muove verso la riorganizzazione del Paese ma che fa fatica a centrare i propri obiettivi, aiutando poco il sistema San Marino a ripartire. Eppure sono tutte fondamentali affinché il Paese continui a migliorare l’immagine che offre all’esterno, recuperando gradualmente la propria reputazione e credibilità, esercitando maggiormente la propria sovranità, al fine di non essere più considerato prevalentemente quale luogo di rifugio per i capitali esteri, diventando così un paese trasparente, produttivo e un interlocutore credibile nei confronti dell’Europa e del resto del mondo.

Vi è in corso una trattativa per creare, insieme al Principato di Monaco ed Andorra, un accordo di Associazione con l’Unione Europea. Questo è solo l’inizio di una nuova fase di dialogo con l’UE, così che gli episodici rapporti finora intrattenuti in maniera informale divengano dei rapporti ufficiali, nei quali San Marino inizi realmente a valutare il sistema di vincoli e opportunità che l’UE rappresenta. Ivi compreso, il tema della libera circolazione delle persone. Uno dei totem che la Repubblica di San Marino non ha ancora affrontato, a cui molti sammarinesi guardano ancora con troppa diffidenza e timore ma col quale, essendo uno dei principi fondamentali dell’Unione, dovremo presto confrontarci.

Per dare una vera possibilità di svolta al Paese e riconquistarci quella credibilità di cui abbiamo bisogno, è necessario che si riparta dal lavoro, dal valore del lavoro, restituendogli il ruolo sociale che gli compete e che per troppo tempo è andato smarrito. Riconoscendolo come la vera forza generatrice della ricchezza, non solo materiale ma anche sociale del nostro Paese. È questo il terreno solido e unificante al

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quale chiediamo di rivolgere le energie di tutti: lavoratori, imprese, Governo. Ognuno facendo la sua parte, come è giusto che sia.

Sin dalla sua nascita, l’USL ha avanzato le sue proposte, mano a mano precisate, sapendo che non si tratta di una strada facile da perseguire perché richiede di mettere in discussione un modello e una prassi di relazioni di lavoro che fino ad oggi sono andate in altra direzione. Ed infatti fino ad oggi sono rimaste sostanzialmente inascoltate. Ma qualcosa si muove e abbiamo apprezzato che l’attuale Governo, per voce del suo Segretario di Stato per le Finanze, abbia fatto una apertura in tal senso in occasione del confronto sulla trasformazione dell’Ente Poste.

Quello che proponiamo è un vero coinvolgimento dei lavoratori nella gestione delle imprese e, collegato ad esso, un’altrettanta vera valorizzazione della contrattazione aziendale. Un vero protagonismo delle lavoratrici e dei lavoratori nei loro luoghi di lavoro, spostando qui l’asse di impegno più importante. E qui andiamo al cuore della discussione del nostro Congresso, preparata da questi anni di confronto con i nostri iscritti, con i lavoratori che pur non essendo iscritti hanno votato i nostri delegati nelle strutture sindacali aziendali, dai gruppi di lavoro appositamente costituiti con i dipendenti di aziende pubbliche in trasformazione, come le Poste e l’AASS o in aziende importanti del settore privato.

Il punto di partenza è di cominciare a prendere sul serio “la produttività della cooperazione” all’interno delle imprese, dei risultati che essa è in grado di produrre, come dimostrano anche alcuni significativi esempi di aziende innovative presenti nella nostra Repubblica. Tale impostazione si basa sulla convinzione che la collaborazione in azienda sia un valore aggiunto, una risorsa che può fare la differenza. Che esista una responsabilità sociale delle imprese, per il ruolo che esse svolgono non solo nell’economia ma anche nella società. Che i rapporti in azienda tra datore di lavoro o dirigenza e lavoratori, pur nella diversità di ruoli, riescono a generare maggiori esperienze di successo se gli obiettivi che vengono perseguiti e il modo di portarli avanti vengono condivisi sulla base di una reciproca fiducia che li mette in moto.

È difficile pensare che le trasformazioni possano avvenire con successo senza un coinvolgimento attivo dei lavoratori o, peggio, contro di essi. E dove questo è accaduto, l’esperienza è fallita. Si è cambiata la forma giuridica dell’impresa, ma questa non ha dato i risultati sperati. In quest’ottica, per tornare all’esempio citato, la trasformazione giuridica dell’Ente Poste in Società per Azioni può essere il luogo adatto per sperimentare il ruolo della partecipazione dei lavoratori nella gestione d’impresa. Non si può infatti pensare di ridisegnare un’azienda pubblica che offre servizi essenziali ai cittadini, di renderla più efficiente, senza la basilare consapevolezza e partecipazione dei suoi dipendenti.

L’Unione Sammarinese dei Lavoratori, si è confrontata a più riprese con il gruppo di lavoro costituito da diversi dipendenti dell’Ente Poste, a prescindere dalla loro iscrizione o meno all’organizzazione, così come precedentemente avvenuto in situazioni analoghe per l’AASS. Il cambiamento della natura giuridica non deve

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essere un fine ma un mezzo al servizio di un progetto di riorganizzazione e sviluppo dell’azienda, in grado di garantirgli autonomia economica, efficacia gestionale e maggiore capacità produttiva, servizi di qualità.

Tra i punti fondamentali che l’Unione Sammarinese dei Lavoratori ha già proposto vi è la necessità di introdurre accanto al Cda un Consiglio di Indirizzo/Sorveglianza, al cui interno sia prevista una rappresentanza dei lavoratori dipendenti pienamente coinvolti negli obiettivi aziendali e nelle strategie per portarli avanti. Si tratta di affiancare al tradizionale modello aziendale un modello sperimentato con successo in alcuni Paesi europei, in primis in Germania, che facendo leva su una forte corresponsabilità all’interno dell’impresa si dimostra capace di produrre significativi risultati sia nelle fasi di sviluppo che in quelle di difficoltà. In subordine chiediamo venga prevista la nomina, all’interno del Cda, di un rappresentante dei lavoratori per portare la voce dei dipendenti all’interno del Consiglio.

Noi miriamo a introdurre un sistema di relazioni di lavoro basate sulla partecipazione, sul diritto-dovere di cooperazione nell’impresa, che riconosca giuridicamente i diritti all’informazione, alla consultazione e alla negoziazione ai lavoratori e ai loro rappresentanti. Il loro dovere a cooperare attivamente. I casi dell’Ente Poste e dell’AASS sono per noi una straordinaria occasione per iniziare a sperimentare in concreto questo nuovo sistema di relazioni che fa leva sul protagonismo dei lavoratori nella vita delle aziende.

Chiediamo al Governo di mettere in agenda un tavolo di confronto per arrivare al più presto all’approvazione da parte del Consiglio Grande e Generale di un Legge sulla partecipazione dei lavoratori, che dia una cornice giuridica all’intera materia. Una legge di sostegno a questo nuovo modello di relazioni. Chiediamo alle imprese di attivare, attraverso lo strumento della contrattazione aziendale, esperienza su questo terreno, in modo da divenire esse stesse laboratori per sperimentare i modelli di partecipazione adeguati, in grado di portare risultati di successo. Chiediamo alla CDLS e alla CSdL di incontrarci per formulare insieme una proposta comune su questo terreno.

Fortunatamente, non partiamo da zero. Importanti esperienze fatte in altri Paesi, soprattutto nordeuropei, possono essere un utile elemento di riferimento. Consapevoli naturalmente che non si tratta di importare modelli preconfezionati, ma di ragionare sul nostro tessuto produttivo e di disegnare un modello di relazioni partecipative in grado di iniettare fiducia nel nostro sistema, per ritornare a crescere. Nel nostro Paese, vi sono del resto aziende, ancora poche per la verità, che vedono con favore questa prospettiva e la stanno sperimentando.

Per quanto ci riguarda, una legge sulla partecipazione dei lavoratori dovrebbe mettere a fuoco e prevedere i seguenti punti:

1. l’individuazione di obblighi di informazione, consultazione e negoziazione a carico dell’impresa nei confronti delle organizzazioni sindacali, dei lavoratori o di appositi organi individuati dal contratto collettivo aziendale e relativa previsione di procedure di verifica dell’applicazione delle decisioni concordate;

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2. l’istituzione di organismi congiunti, dotati di competenze di controllo e partecipazione nella gestione di materie quali – per esempio – la sicurezza e la salute dei lavoratori, l’organizzazione del lavoro, la formazione professionale, la promozione e l’attuazione di una situazione effettiva di pari opportunità, forme di remunerazione collegate al risultato, altre materie collegate alla responsabilità sociale dell’impresa;

3. previsione della partecipazione dei lavoratori dipendenti agli utili;
4. previsione che nelle imprese esercitate in forma di società per azioni nelle quali lo statuto prevede che l’amministrazione e il controllo siano esercitati da un consiglio di gestione e da un consiglio di sorveglianza possa essere prevista la partecipazione di rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di sorveglianza come membri a pieno titolo di tale organo, con gli stessi diritti e gli obblighi

dei membri che rappresentano gli azionisti compreso il diritto di voto.

Una volta stabilita in maniera formale la partecipazione dei lavoratori nelle scelte dell’impresa, le relazioni sindacali si consolideranno in una consuetudine che sarà un valore aggiunto e un vantaggio competitivo per le aziende sammarinesi, che trarranno la propria forza dalla cultura della cooperazione e della corresponsabilità. Il modello partecipativo infatti diffonderà il principio della responsabilità condivisa sulle sorti dell’azienda, basata sull’azione diretta dei componenti degli organi decisionali, dei quali i lavoratori faranno parte, che si assumeranno l’impegno di sostenere l’azienda nei momenti di difficoltà e, d’altra parte, vedendo riconosciuti i propri sforzi e i propri sacrifici nei momenti di crescita, anche attraverso un sistema di premialità.

Non solo un maggiore coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa, abbiamo detto, ma anche il rilancio e la piena valorizzazione della contrattazione collettiva aziendale. L’Unione Sammarinese dei Lavoratori ha più volte sottolineato l’esigenza di modernizzare il nostro sistema di relazioni industriali, sia in ambito privato che in quello pubblico, la necessità di utilizzare al meglio lo strumento di una contrattazione di secondo livello che darebbe la possibilità alle parti datoriali di creare degli accordi ad hoc, perfettamente modellati sulle singole aziende.

Il dato di fatto da cui occorre partire è sotto gli occhi di tutti: nel nostro Paese siamo in presenza di un sistema di relazioni sindacali inefficiente ed episodico, che ha il suo principale punto di debolezza proprio nella mancanza di una chiara regolamentazione specifica. Si tratta di passare da un sistema sostanzialmente non regolato ad un sistema regolato, pervenendo ad un metodo di relazioni stabili che riduca al minimo gli elementi di arbitrarietà e conflittualità. Per queste ragioni quello che proponiamo è di pervenire al più presto, attraverso il confronto, alla definizione di un vero e proprio Protocollo di Relazioni Sindacali.

Quell’insieme di regole e procedure, formali ed informali, che definiscono i rapporti tra i datori di lavoro e le rappresentanze dei lavoratori devono trovare un assetto di rapporti che sia strutturato nei contenuti, nelle procedure e nei tempi, definendo nello specifico le procedure di informazione e di consultazione; i tempi e le modalità del loro svolgimento e le materie.

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Come è a tutti chiaro il modello che proponiamo di rilancio della contrattazione nei luoghi di lavoro e dell’attivo coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa non costituisce un sfida solo per i nostri interlocutori, ma è in primo luogo una sfida a noi stessi, al nostro modo di fare sindacato. E’ una sfida alla nostra intelligenza, al nostro impegno, alla nostra formazione, alla nostra capacità di contribuire a trovare nuove soluzioni.

Discutere con la propria azienda dei propri progetti di sviluppo o di come riorganizzarsi in tempi di crisi, se lo si vuole fare sul serio, significa formarsi e aggiornarsi per saper leggere un bilancio, discutere di un piano industriale e sentire come un problema proprio i vincoli e le responsabilità cui l’azienda è oggettivamente chiamata. Non basterà solo dire no a una scelta difficile ma occorrerà studiare insieme le alternative praticabili nelle condizione date e assumersi le responsabilità conseguenti. La cooperazione attiva deve essere un nostro preciso dovere, così come l’informazione, la consultazione e la negoziazione un nostro preciso diritto.

Noi vediamo in questa prospettiva il punto di una vera azione riformatrice nel mondo del lavoro, non solo delle relazioni di lavoro ma dell’attività sindacale nel suo insieme. L’USL è nata e cresciuta perché molte lavoratrici e lavoratori del nostro Paese erano stanchi di organizzazioni sindacali troppo inclini all’autoreferenzialità, nelle quali “il protagonismo dei lavoratori” era poco più di una parola vuota.

Ripartire dal lavoro per noi dell’USL significa ripartire dai luoghi di lavoro, spostare qui tutte le nostre energie e il nostro impegno, restituendo al lavoro il ruolo sociale che gli compete perché è dal valore che noi attribuiamo ad esso che si giudica una società. È tempo di investire sul coinvolgimento intelligente delle lavoratrici e dei lavoratori nella vita dell’impresa, sulla loro professionalità, sulle loro competenze, sulla loro formazione e di farlo aprendo questa esperienza nel maggior numero di enti o aziende della nostra Repubblica.

Quello che proponiamo è un grande obiettivo comune, sul quale del resto si stanno interrogando anche organizzazioni sindacali di altri Paesi. E’ una bussola che orienterà la direzione di marcia della nostra azione futura. Siamo coscienti delle nostre modeste forze, siamo coscienti che il successo di questa prospettiva dipenderà dall’azione che su di esso riverseranno le altre due organizzazioni sindacali, le associazioni imprenditoriali, il Governo. Noi ci proveremo, lo faremo con umiltà ma con determinazione.

Care delegate e cari delegati, siamo orgogliosi che la nostra organizzazione sindacale, seppur giovane, è oggi la terza grande organizzazione sindacale della Repubblica di San Marino. Dal riconoscimento giuridico del 2008, siamo passati in poco meno di sei anni di intensa attività, dai poco più dei 500 iscritti iniziali – soglia che ci ha permesso di entrare a pieno titolo tra le organizzazioni maggiormente rappresentative di San Marino – ai circa 1800 iscritti di oggi – con un trend di crescita di oltre il 250% -, rappresentando ormai poco meno del 20% di tutti i lavoratori sindacalizzati.

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È un traguardo straordinario, che ci ha permesso di guadagnarci il rispetto dei lavoratori e dei cittadini sammarinesi, di partecipare a tutti i tavoli di confronto sulle riforme aperte dal Governo attuale e a quelli che lo hanno preceduto con le nostre proposte, valutando sempre nel merito, poiché non crediamo che vi siano governi amici o nemici, da assecondare o opporsi pregiudizialmente. Quello che ci interessa sono le azioni che mettono in campo e le conseguenze che queste hanno sulle nostre condizioni di vita e di lavoro.

Non diversamente, anche dal punto di vista contrattuale molto è stato fatto: abbiamo partecipato ai rinnovi dei contratti nei diversi settori del lavoro pubblico e privato, anche qui con nostre proposte, che non sempre hanno coinciso con quelle degli altri. Emblematica da questo punto di vista la spaccatura con le altre due organizzazioni sul contratto dell’industria, il cui approdo è stata la sottoscrizione di due differenti contratti, con le difficoltà applicative che questo sta comportando, riaprendo la discussione sull’erga omnes e la rappresentatività sindacale.

Una discussione alla quale non intendiamo sottrarci, anzi. Se un confronto su questo terreno può aiutarci a fare chiarezza, siamo pronti da subito ad affrontarlo, a condizione che si parti dalla realtà dei fatti e dalla applicazione delle norme esistenti, non da posizioni pregiudiziali. È curioso che qualcuno, anche tra i nostri colleghi degli altri sindacati, continui a dire ironicamente che “aspettano ancora di conoscere la nostra reale rappresentatività”, quando è ormai da anni che abbiamo l’obbligo – che puntualmente assolviamo entro il 31 gennaio di ogni anno – di inviare all’Istituto di Sicurezza Sociale del nostro Paese – ossia a un ente pubblico che li certifica – l’elenco nominativo dei nostri iscritti.

Un reale e proficuo confronto su questo terreno, che noi auspichiamo, può pertanto partire dal riconoscimento della realtà, ossia che oggi esistono a San Marino tre organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, che i loro iscritti sono certificati dall’Istituto di Sicurezza Sociale, il quale su questa base ripartisce proporzionalmente il contributo dello 0,40 versato dai lavoratori. Il quadro giuridico in questa materia è chiaro, le norme e i comportamenti conseguenti. Si vuole cambiare? Siamo disposti a discuterne, in modo approfondito, senza slogan ma sulla base del riconoscimento della realtà dei fatti.

Siamo disponibili a iniziare un percorso politico di confronto con le altre due organizzazioni e con le associazioni datoriali. Noi desideriamo che le Organizzazioni Sindacali sammarinesi inizino a guardare alla tutela dei lavoratori con una visione e una strategia unitariamente concordate, laddove le nostre differenze possano divenire un valore da porre a servizio dei cittadini sammarinesi.

Dal nostro punto di vista, la logica è quella di muoversi al meglio delle nostre potenzialità per offrire ai cittadini un’attività sindacale sempre più qualificata e un sistema di servizi efficiente, efficace e appropriato. Vogliamo occuparci dei nostri iscritti, ma anche di tutte le persone che al momento sono fuori dal mercato del lavoro, implementando maggiori servizi per loro, per agevolare il matching tra domanda e offerta di lavoro, e per fornire un supporto concreto.

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L’iniziativa dello scorso 1° Maggio nasce proprio in tale ottica: buoni spesa e buoni benzina realizzati grazie al contributo del 3×1000 relativo alle Dichiarazione dei Redditi del 2011, indirizzati a chi versa in una situazione di difficoltà (inoccupati con figli a carico, disoccupati, ecc). Ad oggi abbiamo distribuito circa la quasi totalità di questi buoni e ricevuto numerosi feedback positivi in merito a tale iniziativa che verrà certamente riproposta anche negli anni a venire.

Stiamo investendo nella formazione dei nostri delegati e iscritti: i corsi organizzati nell’anno 2013 incentrati su aspetti basilari della contrattualistica di riferimento e sulla lettura della busta paga ne sono la testimonianza.

Abbiamo investito, e continueremo a farlo, nella comunicazione, aumentando la nostra presenza sugli organi di stampa e lavorando sui nuovi canali che la tecnologia offre. Pertanto, al sito web e all’invio costante di newsletter via e-mail ai nostri iscritti, abbiamo affiancato le potenzialità di strumenti quali Facebook, Twitter, Youtube che permettono una interazione rapida e dinamica con l’utenza e la possibilità di raggiungere un più ampio numero di persone.

Tutti i canali web e social dell’USL registrano un trend di crescita costante, sia in termini di visualizzazioni, sia in termini di feedback positivi (“like”; “followers”; ecc), testimoniando la validità dell’intento di offrire un lavoro sempre di maggior impatto e qualità.

A ciò si aggiunge il forte valore attribuito al rapporto diretto con i lavoratori e con il territorio. In tal senso è da intendersi il percorso per il conseguimento del codice etico e del bilancio sociale avviato da USL nel 2013, volto a realizzare un’architettura interna maggiormente efficace ed efficiente in funzione di un processo di analisi della soddisfazione degli utenti.

Reperire dati e analizzarli è fondamentale per progredire e affinare il processo di miglioramento che ci siamo proposti e, ad oggi, constatiamo con enorme piacere che il livello di soddisfazione di chi si rivolge ad USL sia molto alto, indice di un’elevata attenzione rivolta alla persona e alle sue esigenze.

Questo è il lavoro che insieme abbiamo svolto. Un lavoro prezioso. Un lavoro che l’impegno di tutti voi ha reso possibile. Per questo motivo intendo ringraziare pubblicamente tutta la squadra dell’USL, i segretari delle Federazioni, i funzionari, gli operatori, le delegate, i delegati e tutti i volontari che ogni giorno lavorano con dedizione e non sempre con tutti i mezzi necessari al servizio dei lavoratori e dei cittadini, per far crescere l’USL.

E con ciò ho concluso e vi ringrazio.

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San Marino, lì 30 Maggio 2014