Dalla A di “aborto” alla U di “underdog”. C’è un profumo nuovo nell’aria in questo 8 marzo 2023, che non sa solo di mimosa ma sa di vittoria: anche le sfavorite ce la possono fare, anzi ce l’hanno fatta.
Aveva cominciato Giorgia, che ha sfondato il tetto di cristallo sulla spinta di un consenso elettorale imprevedibile in un partito conservatore come Fratelli d’Italia. Ed è diventata la prima donna Presidente del Consiglio. Pochi giorni fa: Elly, a sorpresa, ha soffiato la poltrona della segreteria PD al superfavorito maschio romagnolo Bonaccini. Un altro fatto storico.
Eppure, non ci potrebbero essere due donne più differenti. “Sono una donna, sono una madre e sono cristiana” aveva detto Giorgia Meloni tracciando i confini della sua identità umana e politica. Una frase che aveva preoccupato non poco, perché troppo simile al quel proclama fascista: “Dio, patria e famiglia” con cui Mussolini aveva governato l’Italia.
Elly Schlein è la prima donna, per altro molto giovane, alla guida di un forza politica diretta erede del partito comunista. “Sono bisessuale, femminista e progressista”. Sottointeso: non sono da meno, lanciando un manifesto che riscopre una sinistra ormai scomparsa dagli schermi radar. Una nuova leader che tutti hanno ormai definito “l’anti Meloni”.
Ma le differenze non sono solo nelle dichiarazioni. Giorgia Meloni ha costruito la sua apoteosi in lunghi anni di militanza e di impegno in prima linea, salendo gradino su gradino la scala che l’ha portata fino in cima, conferendole un’esperienza e una capacità politica che la stanno facendo apprezzare anche a livello internazionale.
Elly Schlein, fino a 5 mesi fa non era nemmeno una iscritta al Pd. Viene da una ricca famiglia ebrea di origini svizzere, ha un nonno senese antifascista, laureata a Bologna in giurisprudenza. In pochi mesi scala la nomenclatura pidiessina e da vice di Bonaccini comincia a comparire negli studi dei principali talk-show, facendo coming out: “In questo momento sto con una ragazza e sono felice”. Il resto lo deve dimostrare.
Tuttavia, ci auguriamo che non ci sia solo la stucchevole contrapposizione fra due modi diversi di essere “donna” nel futuro dialogo tra Giorgia Meloni e Elly Schlein. Ci sono ben altre questioni da affrontare. Alla fine hanno vinto due giovani donne che non avevano bisogno di “smarcarsi” da questo decennio: Giorgia perché è sempre stata all’opposizione, Elly perché nel giro non c’era proprio. Sono partite da underdog (sfavorite) e ce l’hanno fatta contro ogni pronostico.
Ma in questo 8 marzo non si può non segnalare la nomina di un’altra donna, Margherita Cassano, alla presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura, a conferma che ormai le donne possono arrivare ovunque e non hanno paura delle difficoltà di percorso.
Purtroppo, possiamo dirlo forte e chiaro, la terra è ancora dominata dagli uomini (hanno la maggioranza quasi ovunque, dalla politica all’economia, alle banche). È anche vero, però, che non c’è soffitto di cristallo che le donne non possano scalfire. Ci sono moltissime donne che sono attualmente impegnate nei massimi organismi mondiali, nella politica nazionale o internazionale, o che lo sono state fino a pochi anni fa. Alcune hanno fatto la storia recente, come ad esempio Angela Merkel che ha dominato lo scenario politico tedesco per oltre 16 anni. Oppure Elisabetta II, che ha regnato nel Commonwealth per 70 anni. Queste donne, come ad esempio anche Samantha Cristoforetti, stanno segnando una nuova stagione per le donne di domani. A cui comunque rimane un compito importante perché l’emancipazione delle donne c’è, ma per la liberazione c’è ancora tanto da fare. Vedi le battaglie sull’aborto che si riaprono in molti paesi, vedi la parità di stipendio nei luoghi di lavoro, vedi i femminicidi che succedono quasi sempre in famiglia, vedi pratiche sanitarie distruttive come l’infibulazione, vedi la schiavizzazione imposta dai regimi teocratici. È a tutte loro che va oggi l’augurio vero di un nuovo 8 marzo!
a/f