Il pericolo non è quello di cadere in un dirupo ma di tagliare senza criterio mettendo a rischio attività di grande importanza come la scuola” .
Nei giorni scorsi sono stati pubblicati da questo quotidiano un paio di articoli dai titoli molto evocativi: “La crisi della carta igienica” e “Il risparmio della carta è un messaggio positivo”, botta e risposta tra un insegnante anonimo della scuola secondaria superiore e la segreteria di Stato per la Istruzione e Cultura.
Argomento della querelle è la ormai familiare spendig review. Gli argomenti portati a sostegno di entrambe le parti hanno stimolato nel sottoscritto alcune riflessioni.
Perché è vero che la carta per le fotocopie o per la stampante da qualche giorno sia insegnanti che alunni la devono portar da casa, ed è anche vero che anche altre forniture stanno scarseggiando. È altrettanto vero però che la scuola, come tutta la Pa, si approvvigiona dei suoi materiali di consumo presso il provveditorato con richiesta motivata e con il necessario nulla osta da parte della direzione della Funzione pubblica.
La risposta della segreteria fa cenno a regole sull’utilizzo delle fotocopie e diventa molto pungente quando afferma che “forse l’atteggiamento di un potenziale educatore dovrebbe essere quello di condividere un messaggio positivo ai ragazzi, teso al rispetto delle risorse e dell’ambiente”.
Come non concordare? Ma come non concordare anche con l’anonimo insegnante sulle difficoltà che la seppur temporanea mancanza di carta ha causato all’attività della scuola?
Le mie riflessioni personali hanno fatto nascere delle domande e l’esigenza di condividerle: come è possibile che la fornitura della carta che la scuola aveva in dotazione sia finita più di un mese prima della fine della scuola? Sulla base di quali dati la scuola determina questo fabbisogno? Gli operatori della scuola sono consapevoli dei costi a cui la scuola deve far fronte per questo particolare materiale di consumo? E di tutti gli altri? La dirigenza della finanza pubblica e le singole dirigenze delle scuole, ma anche di tutte le Unità operative della Pa, hanno mai sensibilizzato gli operatori scolastici e i singoli dipendenti in merito? Sono mai stati programmati delle analisi sui possibili risparmi che una più oculata e attenta gestione delle attività potrebbero causare? Tali ipotesi sono mai state oggetto di confronto con coloro che devono mettere in pratica le attività dei singoli settori della Pa, insegnanti compresi? Rispondere in maniera corretta e puntuale a tutte queste domande significa mettere in campo una seria azione di spending review!
Tutto il resto è propaganda o sterile polemica. Ragionare sui problemi, soprattutto se questi nascono dalla mancanza di risorse, senza approfondire nel dettaglio dati puntuali e precisi, senza avere obiettivi chiari tesi a modificare il quadro di riferimento, è come percorre una strada di montagna con gli occhi bendati. Qui non rischiamo di cadere in un dirupo, ma di tagliare senza criterio mettendo a rischio attività di grande importanza come la scuola. Tutti ripetono a gran voce che occorre risparmiare ma guai a toccare la qualità dei servizi. Per poterlo fare servo- no dati, capacità di leggerli e di valutare le giuste sinergie organizzative che possono portare a diminuire i costi e quando possibile migliorare i servizi.
Il primo passo è la condivisione sia dell’analisi, sia degli obiettivi virtuosi da raggiungere.
Condivisione che insieme ad un costante flusso informativo interno, potrà determinare una nuova cultura positiva e proattiva che determini il successo degli obietti- vi di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica.
Cosa è stato fatto in questa direzione?
Lo scambio di battute tra l’anonimo insegnante e la Segreteria di Stato all’Istruzione testimoniano oggettivamente che è necessario percorrere ancora tanta strada. Ma la differenza tra una Amministrazione moderna ed efficiente, con responsabilità ed obiettivi chiari e riconosciuti, e una Amministrazione legata a logiche clientelari, persa in personalismi e deresponsabilizzata da una politica che vuole controllare tutto e tutti, oggi significa riuscire a superare con moderato ottimismo la crisi che stiamo attraversando oppure significa mettere a rischio seriamente la nostra sovranità e la nostra indipendenza.
La Tribuna