Ci sono interviste che, al di là delle apparenze, non spiegano: sviano e mostrano, invece, il totale scollamento tra una certa politica e la gente, i cittadini che dovrebbero essere invitati a dire la loro quando si tratta di temi così importanti.
BECCARI HA PALESEMENTE PAURA DEL REFERENDUM SULL’ACCORDO DI ASSOCIAZIONE PERCHE’ I SAMMARINESI NON LO VOGLIONO!
Quella concessa il 26 giugno 2025 dal Segretario di Stato per gli Affari Esteri Luca Beccari al giornalista andorrano Joel Picón rientra perfettamente in questa categoria: piaciona, elegante, formale, perfettamente calibrata nella retorica, ma profondamente ambigua nella sostanza.
Perché, a ben leggerla, quell’intervista non rassicura, non informa e non chiarisce nulla. Anzi: rivela una strategia precisa. Quella di portare avanti un accordo fondamentale con l’Unione Europea, senza la volontà di coinvolgere davvero i cittadini sammarinesi.
Beccari lo dice senza giri di parole:
“Non sono contrario a un referendum, ma parlarne ora è prematuro. Un referendum in questa fase avrebbe poco senso.”
Questa frase, da sola, basterebbe a liquidare qualsiasi principio di democrazia partecipata.
In un Paese in cui le leggi si cambiano con un sì o un no in Consiglio, ma le scelte storiche dovrebbero passare dal popolo, è scandaloso che un rappresentante del governo si permetta di dire che la voce dei cittadini “non ha senso”.
Perché se è vero che “ora non è il momento”, quando lo sarà?
Dopo la firma? Dopo l’applicazione provvisoria? Dopo che tutto sarà già stato deciso?
È evidente: il momento non arriverà mai, perché non lo si vuole far arrivare.
Beccari ripete il mantra della priorità strategica:
“Siamo pronti ad attivare l’applicazione provvisoria.”
Ma su quali basi giuridiche?
L’Accordo è molto probabilmente di natura mista: comporta modifiche normative in ambiti che richiedono ratifica da parte di tutti i parlamenti degli Stati membri dell’UE.
Non è un semplice trattato tecnico.
Eppure, il governo sammarinese si prepara a scavalcare questo passaggio facendo leva sull’articolo 112 del testo negoziale, che consente l’applicazione provvisoria “dopo ratifica da parte di almeno una delle parti”. Ma quale ratifica? E in che forma? San Marino non ha ancora ratificato nulla.
Se davvero l’intenzione è quella di procedere da soli, prima di Andorra, prima della ratifica UE, allora siamo di fronte a un caso clamoroso di forzatura istituzionale. Una scorciatoia, un’abbreviazione indegna per uno Stato che si proclama democratico e sovrano.
C’è un passaggio che inquieta più di ogni altro, ed è quello che riguarda l’attivazione “provvisoria” dell’accordo.
Probabilmente Beccari — o chi si muove dietro di lui, forte di una strategia studiata a tavolino — punta proprio a questo: far entrare in vigore l’accordo anche senza la ratifica popolare, sfruttando lo spiraglio offerto dall’articolo 112, così da neutralizzare qualsiasi possibilità di referendum successivo. Non è un’ipotesi campata in aria: la normativa sammarinese prevede che non si possa indire un referendum su trattati già in vigore. Ecco perché oggi si cerca di attivarlo “prima”, in fretta, con l’applicazione provvisoria, così che domani nessuno possa più fermarlo.
È una vera e propria furbata istituzionale, una manovra chirurgica per tagliare fuori i cittadini. Una scorciatoia studiata per impedire che i sammarinesi possano esprimersi liberamente sull’accordo più delicato degli ultimi quarant’anni. E la motivazione è fin troppo chiara: chi governa sa benissimo che, se si andasse al voto, il popolo direbbe no.
Non è una paura irrazionale: è il timore lucido che l’accordo con l’Unione Europea impoverirà la cittadinanza, aumenterà le disuguaglianze, stritolerà le piccole imprese e favorirà solo alcune categorie già privilegiate, quelle che siedono nei posti giusti, che sanno come sfruttare le liberalizzazioni a proprio vantaggio, mentre gli altri — artigiani, commercianti, lavoratori — dovranno solo subire.
UN PRIMO ASSAGGIO, SEMPRE DA BECCARI, LO ABBIAMO AVUTO CON LE RESIDENZE ATIPICHE E GLI AFFITTI CHE SONO SALITI IN MANIERA VERGOGNOSA E SONO RIMASTI A LIVELLI ALTISSIMI. MA QUESTO E’ SOLO UN PRIMO ASSAGGIO.
In sostanza, mentre stipendi e pensioni resteranno fermi, bloccati, ancorati a parametri locali sempre più inadeguati, tutto il resto — affitti, prezzi, servizi, concorrenza — salirà vertiginosamente. E i cittadini sammarinesi non potranno farci nulla. Subiranno, impotenti, l’ondata di nuovi gruppi economici, più strutturati, più capitalizzati, più aggressivi.
Paradossalmente, saranno proprio coloro che oggi spingono ciecamente per l’associazione a farne le spese per primi. Saranno le loro attività a chiudere, i loro negozi a essere schiacciati, le loro certezze a crollare, davanti alla forza d’urto del libero mercato europeo, che — una volta aperto il varco — invaderà senza più barriere il tessuto economico sammarinese.
Perché diciamolo chiaramente: oggi San Marino già partecipa al mercato europeo. Ma lo fa con delle tutele, con delle regole specifiche, con una certa autonomia regolatoria. Domani, invece, con l’accordo firmato, il mercato europeo entrerà qui dentro in piena libertà. Non è più partecipazione: è esposizione totale. È colonizzazione economica.
E questo avverrà senza reciprocità, senza strumenti di difesa, senza gradualità.
Chi si illude che “partecipare” significhi “proteggere” non ha capito nulla. O, peggio, sta mentendo.
Sarà così. È inevitabile. Ecco perché è fondamentale alzare ora la voce, prima che sia troppo tardi.
Sarà cosi! Fate attenzione.
Ma la parte più grave non è solo l’effetto economico. È la sottrazione deliberata del diritto fondamentale del cittadino: il diritto di decidere.
Decidere la rotta. Indicare la direzione. Dire “sì” o “no” a un cambiamento che inciderà per decenni su lavoro, impresa, leggi, e identità stessa della Repubblica.
Beccari ha detto esplicitamente che il referendum ora non ha senso. Ma chi è, lui, per decidere che la voce del popolo non ha senso?
Chi governa non è un padre-padrone che si sostituisce alla volontà popolare. È — o dovrebbe essere — il primo esecutore della volontà sovrana dei cittadini.
E se oggi quella volontà viene ignorata, se oggi si decide di scavalcarla con mezzucci giuridici e tecnicismi tattici, allora non siamo più in democrazia.
Siamo dentro un processo di esautorazione del potere popolare, mascherato da europeismo e da responsabilità istituzionale.
È questo il metodo con cui si entra in Europa? Nascosti, silenziosi, senza popolo?
Mentre a San Marino ci si attorciglia nei tecnicismi per evitare il voto popolare, ad Andorra il referendum è già stato annunciato. Non come opzione eventuale, ma come condizione vincolante: “Se il popolo dice no, il testo non arriverà nemmeno in Parlamento.”
Ad Andorra non hanno paura dei cittadini. A San Marino, evidentemente, sì.
Eppure i due paesi hanno negoziato insieme, con lo stesso testo base. Entrambi hanno le stesse paure (perdita di sovranità, norme imposte, rischio di marginalizzazione). Ma uno ha scelto la via della trasparenza, l’altro quella dell’opacità istituzionale.
Le reazioni sui social, sui forum, nei bar, sono sempre più esplicite.
“Beccari tira dritto, ma va a sbattere.”
“A loro non interessa nulla dei cittadini.”
“Troveranno un escamotage per fare come vogliono.”
“I cittadini per lui non contano nulla?”
La percezione è ormai generalizzata: l’Accordo si farà senza consultare nessuno. E questo, in un Paese che vanta millenni di storia istituzionale, è più che un errore: è un insulto alla tradizione di libertà e autogoverno.
Beccari chiude l’intervista con una frase che, letta alla luce del contesto, suona quasi beffarda:
“Per la prima volta, l’UE ci tratta da partner affidabili e alla pari.”
Ma come si può essere “alla pari” se l’altra parte — l’UE — discute l’accordo nei Parlamenti, mentre qui tutto viene blindato tra pochi funzionari e politici?
Come possiamo essere credibili se nemmeno i nostri cittadini sono considerati all’altezza di esprimersi?
La dignità istituzionale si costruisce con il coraggio della verità, non con l’arte del rinvio.
L’intervista di Beccari non spiega nulla, se non le strategie per non dare la voce al popolo, non convince nessuno, e soprattutto non rassicura.
Con toni morbidi e burocratici, apre la porta a un’Europa senza legittimità, a un futuro deciso da pochi, per tutti.
È ora di fermarsi e ripartire dai fondamentali: Pubblicare il testo integrale dell’accordo con gli allegati in lingua italiana, spiegare in modo trasparente le conseguenze, i limiti, le clausole ma è difficile farlo fare da chi ha paura del voto popolare, dare la parola ai cittadini. Anche se fa paura.
L’Europa non si costruisce contro il popolo. E se a San Marino qualcuno pensa di poterla usare per consolidare il proprio potere, ha già perso il senso stesso dell’integrazione, che poi importa poco se non pochissimo.
Marco Severini – direttore GiornaleSM