Se i responsabili dell’aggressione dello scorso 4 agosto, quando un quartetto di ultras biancorossi ha aggredito un tifoso cesenate dopo il derby di Coppa Italia Rimini-Cesena, pensavano di farla franca, hanno fatto male i loro conti. Potrebbero infatti essere inchiodati presto alle rispettive responsabilità. Detto anche che non si tratta di persone completamente sconosciute alla Digos: su tre dei quattro ultras che hanno massacrato di botte il tifoso cesenate, gravava già il divieto di accesso alle manifestazioni sportive (Daspo). Il ‘quartetto’ era composto da tre riminesi e un sammarinese, tanto che la perquisizione dell’abitazione di quest’ultimo è avvenuta con rogatoria. Dopo essere andati a caccia del tifoso del Cesena con casco, catene e bastoni, gli ultras si erano liberati di tutto anche per fuggire il più rapidamente possibile, avendo alle calcagna la polizia e gli agenti della Digos, arrivati in un lampo. Il trentenne tifoso del Cesena non fu infatti aggredito in una zona isolata ma nei pressi della stazione mentre si trovava in compagnia e dove aveva deciso di fermarsi in un fast food, dunque alla presenza di testimoni. Sono stati però i filmati delle telecamere a rivelarsi cruciali per mettersi sulle tracce degli ultras che lasciarono l’uomo a terra dopo averlo barbaramente colpito soprattutto alla testa e al volto. I quattro, difesi dagli avvocati Luca Brugioni, Marianna Mordini e Francesco Pisciotti, sono tutti indagati per rapina aggravata, lesioni personali e porto di oggetti atti ad offendere durante manifestazioni sportive. La speranza è che i quattro autori di una così inaudita violenza, costata al giovane di Cesenatico, finito in ospedale, una prognosi di 10 giorni, possano rispondere del loro comportamento. E’ infatti soprattutto il ‘movente’ che deve indurre ad una profonda riflessione. La vittima era stata scelta perché indossava una maglietta del Cesena che i quattro ultras pretendevano di portare a casa come trofeo. “Dacci la maglia”, ordinarono al trentenne la sera dell’aggressione, ma poi al giovane non venne nemmeno dato il tempo di capire che cosa gli si stesse chiedendo prima che su di lui si cominciasse a infierire sulla testa e sul volto. Si stringe dunque il cerchio attorno ai responsabili dell’agguato del 4 agosto i cui cellulari, sequestrati durante le perquisizioni, verranno ora passati al setaccio. Forse la cosa più urgente di tutte è riuscire a disintossicare la società in cui viviamo dalla stupidità della violenza.
