È inutile nascondersi: i numeri dei contagi sono come quelli di aprile scorso. L’epidemia continua a galoppare, forse ancora di più della prima fase. Ma le situazioni sono molto cambiate: c’è una percentuale più alta di asintomatici; le persone che si ammalano hanno sintomatologia più blanda; oggi ci sono terapie standardizzate e differenziate per fasce diverse di gravità patologica, mentre prima molte procedure erano quasi a livello sperimentale.
Il problema vero è che non si sa quando finirà, ma il quadro che ci fornisce il Direttore Generale ISS Alessandra Bruschi, durante una conferenza stampa appositamente organizzata presso l’Ospedale di Stato, ci dà tanta sicurezza in più di essere in buone mani. Anche a dispetto delle mille chiacchiere senza fondamento che si sentono in ogni dove.
“La sfida che l’ISS sta cercando di perseguire è: rispondere ai bisogni. Il che vuol dire rispondere all’emergenza pandemica, ma anche ai bisogni che non sono Covid” premette il direttore Bruschi. L’affermazione non è banale, basta guardare qualsiasi tg italiano per vedere in quali difficoltà si muovono gli ospedali, ormai saturi solo per rispondere all’ondata dei contagi. Tutte le altre attività sono chiuse. Non c’è più posto per gli altri ammalati.
“Nei mesi, nelle settimane scorse, evidentemente ci siamo attrezzati. Sapevamo che sarebbe potuta tornare una seconda ondata, anche se si sperava il contrario. Ma questa epidemia è imprevedibile e nella sua imprevedibilità, coinvolge in prima battuta la gestione territoriale. Ora, la sfida vera è la risposta ai bisogni. Cerchiamo di perseguirla attraverso due grandi strumenti: il tempo, che è la variabile più importante in questo momento; e il territorio. Più gente riusciremo a gestire a domicilio e nel territorio, più noi riusciremo a rallentare la saturazione dell’ospedale.”
È facilmente intuibile a tutti che, più si ha il controllo e la gestione dei contagi, più si riuscirà a tenere aperte non solo le attività ospedaliere, ma anche le attività economiche e le scuole. In altre parole, dovremo tutti imparare a convivere con il virus, cercando di tenerlo lontano, rispettando al massimo le regole igieniche ed evitando gli assembramenti.
“Come è stato detto nei giorni scorsi, a Rimini, all’Unità di crisi, noi siamo piccoli, questo ci permette di monitorare attentamente e di personalizzate la strategia. Che non vuol dire individualizzare, bensì rispondere in maniera mirata a quei bisogni che si possono gestire anche a domicilio. Quindi, il grande sforzo che stiamo facendo, magari con qualche invidia da parte di alcuni, è dare la risposta corretta nel luogo corretto, cioè nel domicilio di quei pazienti che non presentano sintomi gravi.”
In questa maniera non ci sarà un’operatività sanitaria esclusivamente Covid, perché i reparti e i servizi ospedalieri potranno continuare a trattare anche le altre patologie. Pensiamo agli oncologici, ai cardiopatici e ai tanti altri pazienti con malattie gravi, che comunque hanno necessità di cure mirate e di pari attenzioni. In molti altri Paesi sono costretti ad essere messi da parte.
“Stiamo recuperando gli arretrati e non vogliamo lasciare indietro nessuno, nessuna patologia. Dobbiamo abituarci a coesistere con il Covid per tutto l’autunno e tutto l’inverno. Questo è. La sfida è anche tenere le attività aperte, le scuole aperte: questo richiede l’impegno di tutti, istituzioni e cittadini, che devono supportarci e sopportare, a volte, le nostre rigidità. Che talvolta vengono accolte anche positivamente, perché il monito delle chiusure in Italia e in altri Paesi Europei, dà il segnale di quello che potrebbe accadere anche qui da noi.”
Qui si capisce anche l’importanza del tempo, che è fondamentale per la gestione della diagnosi, che è in capo alle Cure Primarie; e il monitoraggio dei pazienti per la gestione dei contatti, quello che si chiama il tracciamento.
“Abbiamo delle difficoltà a volte, non lo nascondo, perché dobbiamo tenere tutto aperto, riconvertire le attività dove è necessario, e dobbiamo adeguarci ad evoluzioni che spesso sono quotidiane. La gestione dei tamponi nel drive-in, che era partita in modo strutturato solo al mattino, oggi impegna le persone la mattina e il pomeriggio. Da 30/40 tamponi, siamo a 300 e oltre ogni giorno. Questo dà la misura del grande sforzo che stiamo facendo. Accolgo sempre positivamente le critiche che arrivano, se poi definiscono bene il problema, ci aiutano a risolverlo. Vorrei però valorizzare l’enorme lavoro che stanno facendo i professionisti. Oggi noi siamo in grado di prevedere un tampone in tempi rapidissimi, tendenzialmente il giorno dopo. Facciamo il tampone anche a domicilio, cosa che in Italia non avviene.”
Il tema del telefono è sicuramente caldo, la gente lamenta lunghe attese prima di poter prendere la linea. Ma anche qui, basta vedere cosa succede fuori, per capire che siamo molto fortunati. Ovviamente questo non basta ad una manager come Alessandra Bruschi. Che ha già pronta la soluzione.
“Da lunedì sarà attivo un info Covid, a cui risponderanno medici e pensionati, in grado di fornire risposte di tipo sanitario molto autorevoli. Ringrazio fin da ora i professionisti che hanno dato la loro disponibilità ad attivare questo servizio. La gestione dei contatti a domicilio verrà presa in carico dal dottor Arcangeli, che sta costituendo un pool di professionisti i quali contatteranno i pazienti asintomatici in modo più strutturato. Non è facile, perché i numeri montano, ma li stiamo gestendo bene.”
C’è poi un settore che ha minor impatto mediatico, ma che è essenziale per l’efficienza di un sistema sanitario, soprattutto quando è di dimensioni ridotte come quello sammarinese, ed è quello delle relazioni esterne. “Non possiamo vivere da soli, isolati, in autonomia. Abbiamo continui scambi professionali, perché tanti nostri pazienti necessitano di cure per le quali dobbiamo rivolgerci altrove.”
Il Direttore Generale ISS racconta quindi gli incontri in presenza o via call con l’Assessore regionale alla sanità, con il direttore generale del Sant’Orsola e della AUSL Romagna, con la autorità sanitarie e civili della vicina Rimini. Sono giornate intense anche da questo punto di vista, ma già foriere di ottimi risultati
“Sono relazioni fondamentali tra professionisti rispetto al network che si deve creare fra aziende limitrofe. Questo anche per dichiarare la nostra disponibilità, rispetto alle risorse che abbiamo. Rimini è in un momento di riempimento dell’ospedale, rischia di dover sospendere l’attività chirurgica, noi siamo disponibili ad offrire le nostre sale. Questo serve a creare buone relazioni rispetto ai territori di afferenza.”
M questo ci rende molto orgogliosi sia perché abbiamo dirigenti e operatori sanitari in grado di affrontare una situazione pandemica mai vista, sia perché queste persone riescono ad esprimere concretamente quei valori di solidarietà di cui San Marino è portatore da sempre nella sua storia e nelle sue tradizioni.
a/f