La decisione è stata di non decidere. Molto semplice. L’Istanza sull’introduzione nel protocollo ospedaliero dell’anestesia epidurale è stata aggirata con un Odg che “invita l’esecutivo a fare un studio mirato”.
Lapidaria ed esaustiva, comunque, una frase estrapolata dall’intervento del consigliere Milena Gasperoni (Psd): “Credo sia opportuno e legittimo che siano le persone a decidere cosa fare”.
Infatti alla fine, la competenza della decisione è stata affidata, appunto, con un Odg al Governo: in breve dovrà spigolare le diverse tesi sulla tematica ‘epidurale’, individuare le esigenze delle partorienti e anche di spending review oltre all’operatività della struttura ospedaliera. Nell’Odg si invita l’esecutivo anche di ipotizzare la possibilità di stabilire convenzioni con le strutture ospedaliere romagnole (Rimini, Riccione, Cattolica, Cesena, Forlì, Ravenna) in cui è possibile da anni poter partorire con l’anestesia epidurale.
Tra gli interventi da rammentare quello ufficiale del segretario Sanità Francesco Mussoni: “Non c’è una questione morale a monte della scelta, ma di sicurezza. Per realizzare l’epidurale servono precise condizioni che attualmente
il nostro Ospedale non è in grado di dare. Ma è anche un discorso di costi, seppure se sotto certi aspetti potrebbero risultare essere investimenti. Tutte problematiche che nei sei mesi previsti dall’Istanza è difficile concretizzare”.
Dunque sei mesi come recita la Legge sulle Istanze. Ma quante sono quelle inevase giacenti nei cassetti di qualche segreteria.
Più deciso l’intervento di Mario Venturini (Ap): “L’epidurale è l’eccesso della medicalizzazione nel parto. Nel 2014 nel nostro ospedale i parti con taglio cesareo sono stati il 28%; la media italiana è del 35%. Servirebbe una sala operatoria aperta 24 ore su 24, e non solo. Mi domando: il nostro ospedale giustifica un’organizzazione di questo tipo all’interno del servizio di ostetricia e ginecologia? In termini di organizzazione occorre avere personale di 8-10-12 persone specializzate in più. In Italia gli ospedali delle dimensioni del nostro se la sognano l’epidurale. Si pratica solo in ospedali con grandi numeri e servizi continui”.
In appoggio alle tesi di Venturini William Giardi (Upr): “L’argomento deve essere oggetto di riflessioni approfondite ma è una possibilità che va concessa. Gli istanti dicono di essere disponibili a pagare un ticket. Non pagare tutto, quello lo possono già fare andando in altre strutture”.
Poi la proposta rivoluzionaria sempre del medico William Giardi. Per certi versi anche interessante: “L’epidurale è un procedimento, non un intervento. Si è parlato di far pagare la pillola anti-concezionale (2 euro a scatola?); destiniamo l’importo alla epidurale, saranno così le donne a decidere come usare quel salvadanaio pagato da loro stesse”. (…) La Tribuna