L’imposta patrimoniale straordinaria avrà un impatto negativo proprio su quelle aziende virtuose che nel
corso degli anni si sono patrimonializzate: per questo motivo deve essere ridotto l’intervento previsto in
relazione al patrimonio netto, che il Governo vuole tassare allo 0,6%. La nostra Associazione, che ha già
convocato la propria Commissione Fisco e condiviso le indicazioni con il Consiglio Direttivo, incontrerà il
Governo nei prossimi giorni per formalizzare la richiesta e indicare soluzioni alternative, in primis una
maggiore e più incisiva riduzione della spesa corrente.
Purtroppo, anche in questo caso, avremmo preferito confrontarci preliminarmente sul tema, portando dati e
idee, mentre dovremo discutere un documento già pronto e con tempi strettissimi tra la sua presentazione ed
approvazione. Documento che ci è pervenuto, così come alle altre parti sociali, solo in data 17 aprile, quando
la scadenza del 30 aprile per la sua presentazione era stata già fissata a dicembre in finanziaria. Il tempo per
confrontarsi c’era, ma non è stato sfruttato.
Nonostante il poco tempo a disposizione, confidiamo nell’apertura del Governo a discutere nel merito del
provvedimento, rimodulando e redistribuendo il “sacrificio” richiesto all’intero Paese. Questo perché
penalizzare eccessivamente le imprese deprimerebbe ancora di più l’economia, con la conseguenza di ridurre
gli investimenti in territorio, siano essi strumentali o in termini di occupazione. Inoltre, in prospettiva, dopo la
riproposizione della minimum tax alle imprese, non ci sono garanzie che questa imposta straordinaria sia “una
tantum”: per questo chiediamo al Governo di dare ulteriori garanzie di stabilità, riducendo in maniera efficace
e strutturale la spesa corrente, per evitare che l’anno prossimo siano necessari, di nuovo, altri “sacrifici” da
richiedere a cittadini e imprese.
Nel merito dello spirito del provvedimento, inoltre, non possiamo non rilevare come questo appaia in
contraddizione con l’obiettivo, a nostro avviso prioritario, di attirare imprese e imprenditori a San Marino. In
particolar modo nel momento in cui con una mano si invitano a investire in territorio e poi, con l’altra mano, si
tassano i loro patrimoni, sia dell’azienda che privati, e in questo caso anche quelli detenuti nel Paese di
origine.
Infine, pur comprendendo l’esigenza di mettere in sicurezza i conti pubblici, chiediamo che l’entrata generata
da questa imposta venga destinata in maniera preventiva e trasparente in capitoli del Bilancio dello Stato
definiti fin da subito, e che questi non siano inerenti alla spesa corrente o a copertura di nuovi debiti, perché
ci porterebbero in una spirale senza uscita.
