Nella mia veste di ex-Segretario di Stato agli Affari Esteri nel periodo dicembre 2008 – dicembre 2012, ovvero quando San Marino era nella black list italiana, mi permetto di rivolgermi al Governo attuale, ma anche a quello che verrà dopo le elezioni politiche del prossimo 9 giugno, per manifestare le mie fortissime preoccupazioni rispetto a ciò che si sta verificando a San Marino nell’ultimo periodo. Perché mi ricorda molto quello che successe nel 2008 e negli anni immediatamente precedenti e mi fa tornare alla mente tutta la fatica che facemmo, nella legislatura 2008-2012 ed anche negli anni immediatamente successivi, per ricostruire buone relazioni con l’Italia e per chiudere – speravamo definitivamente – un capitolo estremamente difficile per San Marino. Fatica ben nota anche ai Segretari di Stato agli Esteri ed alle Finanze, perché questa fatica fu fatta insieme, seppur da ruoli diversi. Mi auguro ovviamente che le mie preoccupazioni siano infondate, ma nel dubbio ritengo mio dovere comunque esprimerle. Sono passati solo poco più di 15 anni ma non vorrei che ci ritrovassimo a breve a rivivere “déjà vu” che tanto male fece al nostro paese. Prima questione. Il ritorno alla ribalta della turbativa nel rapporto bilaterale con l’Italia creata da attività economiche che come oggetto sociale storicamente hanno creato turbative. Ho letto che il Segretario di Stato alle Finanze avrebbe dichiarato recentemente in commissione consiliare finanze che non è il Governo che deve fare i controlli sulle attività economiche bensì gli uffici o enti preposti agli stessi. Certamente, era così anche in passato. Sta di fatto tuttavia che nella legislatura 2008- 2012 l’esecutivo dette un input formidabile, a tutti gli uffici ed enti preposti ai controlli, nella direzione della “ripulitura” del sistema dalle attività dannose o comunque pregiudizievoli, che molto spesso erano anche attività che non avevano dipendenti e che non contribuivano in maniera significativa alle entrate dell’erario pubblico. Questo portò alla successiva chiusura da parte del Governo, all’esito dell’istruttoria compiuta da detti uffici ed enti, di numerosissime attività economiche di tale natura. Mi chiedo: lo stesso impegno è stato profuso in questa legislatura, a fronte ad esempio di esercizi di vendita di automezzi che sono spuntati sul nostro territorio come funghi a partire dal periodo dell’epidemia covid-19, che in tutti i paesi ha coinciso con il crollo nella vendita delle autovetture e più in generale degli automezzi? Visto il provvedimento recentemente adottato dal governo italiano per arginare le truffe causate da attività economiche presenti sul nostro territorio direi che abbiamo un problema. E “long drink” ci dice ancora qualcosa? O ce ne siamo dimenticati? Seconda questione. Da qualche anno si è aperta nel nostro paese una “nuova frontiera”, quella delle residenze. Che temo, dagli articoli che vedo sempre più frequentemente uscire sui giornali italiani, diverrà a breve un notevole problema nel rapporto bilaterale. Ne sono state introdotte di ogni genere. Ci si è sbizzarriti a darle agli sportivi, anche famosi, che sovente prendono in locazione in gruppo piccoli appartamenti che vengono in questo modo sottratti alla disponibilità dei giovani e delle famiglie sammarinesi con minori capacità economiche, col risultato pratico di aver fatto schizzare verso l’alto i canoni di locazione e aver reso introvabili per numerosi nuclei familiari appartamenti dove andare a vivere. Mi chiedo inoltre se siamo certi che tutti i nuovi residenti lo siano anche effettivamente, non solo anagraficamente. Ricordo che i canoni OCSE stabiliscono che – per essere considerata residente in un paese – una persona più della metà dell’anno solare deve risiedere effettivamente in tale paese. Questo è il caso per molti stranieri ai quali si è concessa la residenza? Riusciamo a controllarli sul serio? Perché in caso negativo semplicemente la residenza non si deve dare o si deve immediatamente revocare. Quanto alla imposizione del 6% sui trattamenti di quiescenza dei pensionati italiani, che si è deciso di attirare a vivere in Repubblica, il Governo si è accertato che tale aliquota non conduca al reinserimento del nostro paese nella black list italiana, dalla quale tanto tempo abbiamo impiegato ad uscire e che avrebbe effetti devastanti? Perché è notorio che al di sotto di una certa aliquota di imposizione fiscale si è considerati un paese a fiscalità privilegiata, con la conseguenza di essere ritenuti un “paradiso fiscale”. Dizione che riscontro essere costantemente utilizzata dai mass media italiani in questo ultimo periodo. Personalmente, per l’esperienza vissuta, ritengo che occorra mettere mano tempestivamente, all’inizio della prossima legislatura, alla disciplina di questo settore, che rischia di crearci problemi non da poco sia nel rapporto bilaterale, sia nel rapporto con l’Unione Europea.
Antonella Mularoni, ex-Segretario di Stato agli Affari Esteri (Fonte Rtv)