San Marino. António Guterres (ONU): “Tre grandi sfide per il G20” – Rubrica internazionale a cura di David Oddone

Rubrica internazionale a cura di David Oddone,
giornalista referente Onu per San Marino

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Dall’inizio della pandemia, si e’ parlato molto di solidarieta’ globale. Ma le parole da sole non metteranno fine al COVID-19, ne’ attenueranno l’impatto della crisi climatica. E’ adesso che occorre dimostrare cosa la solidarieta’ significhi in pratica. I Ministri delle Finanze del G20 che si incontrano a Venezia hanno di fronte tre test cruciali di solidarieta’: su vaccini, sostegno economico al mondo in via di sviluppo e clima.

 

Innanzitutto, i vaccini. Un divario nella vaccinazione globale minaccia noi tutti. Finche’ il COVID-19 circola tra le persone non vaccinate, il virus continuera’ a mutare in varianti potenzialmente piu’ trasmissibili o mortali. E’ in atto una corsa tra vaccini e varianti; se queste ultime prevalessero, la pandemia potrebbe uccidere altri milioni di persone e ritardare di anni la ripresa globale.

 

Tuttavia, mentre il 70 per cento della popolazione nei Paesi industrializzati e’ stata vaccinata, negli Stati a basso reddito tale percentuale scende a meno dell’uno per cento. Solidarita’ significa accesso rapido ai vaccini per tutti.

 

Gli impegni di finanziamento e fornitura di dosi sono benvenuti. Ma siamo realisti: non abbiamo bisogno di un solo miliardo di dosi, ma di almeno undici miliardi per vaccinare il 70 per cento della popolazione mondiale e porre fine a questa pandemia. Donazioni e buone intenzioni non ci condurranno a questo obiettivo, che richiede lo sforzo di salute pubblica globale piu’ grande della storia.

 

Il G20, sostenuto dai maggiori Paesi produttori e dalle istituzioni finanziarie internazionali, deve porre in essere un piano di vaccinazione globale che raggiunga tutti, dovunque, il prima possibile.

 

Il secondo test di solidarieta’ e’ rappresentato dalla fornitura di assistenza economica vitale a Stati che non sono in grado di ripagare il proprio debito e vacillano sull’orlo della bancarotta.

 

I Paesi ricchi hanno speso l’equivalente del 28 per cento del proprio PIL nella lotta alla crisi del COVID-19. Nei Paesi a medio reddito, questa cifra scende al 6,5 per cento; in quelli meno sviluppati, sotto il 2 per cento. Molti Paesi in via di sviluppo sono ora alle prese con costi esorbitanti di rimborso del debito, in un momento in cui I loro bilanci nazionali sono al limite e la capacita’ di esigere tasse e’ ridotta.

La pandemia e’ destinata a portare a circa 120 milioni il numero di coloro estremamente poveri in tutto il mondo; piu’ di tre quarti di questi ‘nuovi poveri’ si trovano in Paesi a medio reddito. Questi Stati hanno bisogno di aiuto per evitare la catastrofe finanziaria e investire in una solida ripresa.

 

Il Fondo Monetario Internazionale e’ intervenuto stanziando 650 miliardi di dollari in Diritti speciali di prelievo – il modo migliore di aumentare I fondi disponibili a economie boccheggianti. Gli Stati piu’ agiati dovrebbero convogliare le quote inutilizzate di tali fondi verso i Paesi di basso e medio reddito. Si tratta di una misura significativa di solidarieta’.

 

Accolgo con favore i passi gia’ adottati dal G20, tra cui l’Iniziativa di sospensione del rimborso del debito e il Quadro di riferimento comune sul debito. Ma questi strumenti non bastano. Il sostegno al debito deve essere reso accessibile a tutti i Paesi di medio reddito che ne abbiano bisogno. E occorre coinvolgere anche i finanziatori privati.

 

Il terzo test di solidarieta’ riguarda il cambiamento climatico. La maggior parte delle economie si sono impegnate a tagliare le proprie emissioni a zero entro la meta’ del secolo, in linea con l’obiettivo di 1,5 gradi degli Accordi di Parigi. Se la COP26 a Glasgow deve rappresentare un momento di svolta, ci occorre che la stessa promessa sia fatta da tutti i membri del G20 e dai Paesi in via di sviluppo.

 

Questi ultimi devono pero’ essere rassicurati sul fatto che la loro ambizione sara’ sostenuta sul piano finanziario e tecnico, includendo 100 miliardi di dollari in finanziamento climatico annuale, che furono loro promessi dai Paesi industrializzati oltre dieci anni fa. Cio’ e’ perfettamente ragionevole. Dai Caraibi al Pacifico, alle economie in via di sviluppo sono stati addebitati enormi costi infrastrutturali dovuti a un secolo di emissioni di gas ad effetto serra a cui non hanno contribuito.

 

La solidarita’ comincia con il rispetto di tale finanziamento di 100 miliardi di dollari, che dovrebbe estendersi fino allo stanziamento del 50 per cento in favore dell’adattamento, compresi edifici resilienti, strade sopraelevate ed efficienti sistemi di allerta contro tempeste, siccita’ e altri eventi atmosferici estremi. Tutti gli Stati hanno sofferto durante la pandemia. Tuttavia gli approcci nazionalistici a beni pubblici comuni quali vaccini, sostenibilita’ e azione climatica portano alla rovina.

 

Al contrario, il G20 puo’ collocarci sulla strada della ripresa. I prossimi sei mesi mostreranno se la solidarieta’ globale passera’ dalle parole a un’azione significativa. Se affronteranno queste sfide cruciali con volonta’ politica e capacita’ di guida illuminata, i leader del G20 potranno mettere fine alla pandemia, rafforzare le fondamenta dell’economia globale e scongiurare la catastrofe climatica.

di António Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite

In esclusiva per San Marino