San Marino. (articolo completo). Forcellini verso nuovi lidi

“A quanti resteranno delusi e forse si sentono un po’ traditi da questa mia scelta, non posso che dire che io credo che nella vita bisogna dare di più di ciò che si è ricevuto. Ed io mi impegnerò a trovare il modo anche dall’estero di dare il mio contributo per continuare a corrispondere alla grande fiducia e supporto che sento venire dal mio Paese. E con questa consapevolezza dentro di me, non mi resta che una sola parola. Grazie”.

E’ fortuna che, in un panorama politico che eufemisticamente potremmo definire desolante, ci sia ancora qualcuno che sente forte il peso della responsabilità di rappresentare gli elettori. Non stupisce tuttavia che egli non abbia avuto la possibilità concreta di mettersi al servizio del suo Paese a trecentosessanta gradi e che le opportunità di lavoro, quelle dense di peso specifico, siano arrivate piuttosto da fuori.

Stiamo parlando dell’esponente di Rete e consigliere Davide Forcellini con il quale abbiamo scambiato due chiacchiere per capire più in profondità il suo lavoro di ricercatore che lo porterà lontano dalla sua San Marino.

Ci parli un po’ di questo progetto di ricerca…
“Innanzitutto grazie per lo spazio che RepubblicaSM dedica a questa mia intervista dove posso raccontare una fase molto delicata della mia vita. Questo progetto consiste nel lavoro che è stato effettuato sul centro storico di San Marino al quale recentemente avete dato spazio sulle vostre pagine e che ho presentato alla Conferenza mondiale in Cile nel Gennaio 2017. In quell’occasione il prof. Ingham dell’Università di Auckland si è dimostrato interessato ad applicare la stessa metodologia (che è stata nel frattempo pubblicata in una rivista internazionale) ad Auckland, Nuova Zelanda. E da qui nasce questo progetto di ricerca che mi porterà lontano da casa almeno per qualche anno, lontano da persone e situazioni che se non altro mi hanno fatto capire chi non voglio essere…”

Ci spieghi meglio questa sua scelta.
“Sono cosciente di trovarmi di fronte ad una scelta di vita. Alla luce dei miei recenti interventi in Consiglio Grande e Generale, anche questa partenza è una dimostrazione di come il nostro Paese non riesca a coltivare le nuove generazioni. Su questo tema, in questi anni, il mio atteggiamento si è notevolmente trasformato ed attualmente è molto meditato, direi propositivo. Non sto più male per il mancato riconoscimento del valore del mio lavoro da parte dell’Università di San Marino. Ho la consapevolezza che sbagliavo a cercare questo riconoscimento dal mio Paese, schiavo di potentati stranieri. Come ho recentemente riferito in un mio intervento pronunciato in aula consiliare, io credo che ‘l’Università di San Marino dovrebbe essere meglio definita l’università italiana a San Marino. Il problema infatti è che non c’è la volontà da parte dei docenti stranieri di creare un corpus universitario sammarinese. Non c’è proprio perché l’approccio è quello dell’università italiana. Mentre l’università economicamente grava sui cittadini sammarinesi, in realtà essa non è che un piccolo feudo di piccoli baronetti che in Italia non sono riusciti a crearsi una propria corte. Ho più volte rilevato queste cose e dopo anni (10 appunto), dopo un cambio di governance (più apparente che reale), non vedo miglioramenti’. È in questo contesto però che in questi anni sono nate delle collaborazioni importanti. Al mancato riconoscimento del mio lavoro da parte del mio Paese, si è contrapposta una puntuale e costante manifestazione di stima da parte di ricercatori da molte parti del mondo. In questi anni sono nate collaborazioni importanti che forse non sarebbero esistite se avessi trovato una situazione positiva a San Marino. Sono stato chiamato a tenere seminari negli Stati Uniti, in Europa e recentemente in America latina, dove per la prima volta ho presentato il mio ultimo lavoro in lingua spagnola. Ho collaborato con tantissimi ricercatori che mi hanno insegnato la voglia e la passione in questa strana “professione”. Ma quello che più mi è servito è che queste esperienze mi hanno fortificato. E devo ringraziare di tutto cuore perché mi hanno fatto capire che la mia scelta di vita (la ricerca), nonostante a casa mia prendessi solo bastonate, era corretta, si trattava solo di capire il DOVE. E all’improvviso è arrivato questo progetto…”

Come cambierà la sua vita anche alla luce del suo impegno politico?
“È chiaro che questa nuova opportunità di lavoro condizionerà non solo la mia vita privata. Ma crescendo ho imparato che le proprie scelte condizionano anche le altre persone. In questo caso la mia scelta riguarda inevitabilmente anche quei cittadini che, a differenza dei mercenari stranieri, hanno riposto fiducia in me e che continuano a dimostrarlo giorno dopo giorno. In questi due anni e mezzo ho cercato di portare, nel mio piccolo, il mio impegno e il mio punto di vista in una politica che molte volte ha una visione miope. Riesce cioè a concentrarsi prevalentemente su aspetti di carattere ordinario e contingente, senza avere a cuore i grandi temi sociali. Per esempio, ricorderò sempre la mia partecipazione alla riunione interparlamentare, dove insieme a tutta la delegazione abbiamo sostenuto l’emergenza del cambiamento climatico. In questa mia breve esperienza ho capito che il nostro contesto è affetto da due grossi problemi. Da una parte l’inadeguatezza della classe politica, dall’altra, la presenza di forze esterne alla politica che riescono a prenderne il sopravvento. E purtroppo queste sono forze esterne al sistema che quindi sfruttano il nostro Paese senza lasciare nessun tipo di proposta o comunque valore aggiunto. Sto ovviamente parlando della gestione straniera dei nostri centri istituzionali. La mia speranza è che i giovani che sono abituati a viaggiare e a rapportarsi con il mondo intero abbiano la voglia di mettersi in gioco con l’obiettivo di portare avanti modi e tematiche che la politica miope di cui parlavo sopra non è in grado di formulare. In quest’ottica, io ho sempre creduto che al centro della politica ci debbano essere le persone e quindi la tutela dei loro diritti, quelli su cui si basa la storia della nostra dimensione di donne e uomini nel 2019. In questo senso, per essere degno del mio mandato, mi sono ispirato tra gli altri, a Gandhi, che ritengo una delle figure più importanti della politica mondiale. In particolare, ho cercato di “essere promotore di quel cambiamento che vorresti vedere nel mondo”. In tutto questo, sono convinto che l’esperienza che ho condiviso con i miei compagni del gruppo RETE in seno a Democrazia in Movimento rimarrà per sempre dentro di me. Come rimarrà dentro di me quello che è l’insegnamento più importante che ho imparato da questo gruppo e cioè che l’empatia è fondamentale nei rapporti umani. Per questo motivo, a quanti resteranno delusi e forse si sentono un po’ traditi da questa mia scelta, non posso che dire che io credo che nella vita bisogna dare di più di ciò che si è ricevuto. Ed io mi impegnerò a trovare il modo anche dall’estero di dare il mio contributo per continuare a corrispondere alla grande fiducia e supporto che sento venire dal mio Paese. E con questa consapevolezza dentro di me, non mi resta che una sola parola. Grazie”.

Olga Mattioli, La RepubblicaSM