L’Assistenza Personale è, forse, lo strumento più rivoluzionario che il movimento internazionale delle persone con disabilità abbia mai costruito. Non è un servizio e nemmeno un aiuto accessorio: è la possibilità concreta di essere liberi, di vivere secondo i propri ritmi, desideri, tempi e scelte. È ciò che permette di decidere davvero come trascorrere la giornata, dove abitare, con chi condividere la vita, come muoversi, studiare, lavorare, amare, partecipare. L’Assistenza Personale, in fondo, è la distanza che passa fra l’esistere e il vivere. Secondo l’European Network on Independent Living, è un sostegno diretto, finanziato alla persona, costruito intorno ai suoi bisogni e al suo progetto di vita. Una definizione semplice, ma capace di ribaltare secoli di approcci fondati sul controllo, sulla delega, sull’idea che il problema sia la persona e non l’ambiente che la circonda. L’Assistenza Personale dice una sola cosa: la libertà non è un privilegio per pochi, è un diritto di tutti. A San Marino, purtroppo, questo diritto non esiste. Non è che funzioni male, non è parziale, non è insufficiente: semplicemente non c’è. Nessuna persona con disabilità fisica, sensoriale, intellettiva o psicosociale ha oggi accesso a un sistema strutturato di Assistenza Personale. Siamo all’anno zero, in un Paese dove la possibilità di scegliere come vivere dipende spesso dalla buona volontà e dalla tenuta emotiva dei familiari, quando questi sono presenti. E qui si tocca un nervo scoperto che raramente viene affrontato con onestà: i caregiver, parola elegante e tecnica, sono i genitori, i fratelli, le sorelle, i partner. Sono persone che amano e si spendono senza riserve, a volte fino a consumarsi. Ma il loro amore, per quanto grande, non è un sostituto della libertà. Le misure di “sostegno alla famiglia”, comprese quelle sui caregiver, pur importanti, non cambiano la questione centrale: se la libertà di una persona dipende dall’esaurimento o dalla disponibilità dei suoi familiari, quella libertà non è un diritto. È una concessione fragile, e spesso temporanea. La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata anche da San Marino, è inequivocabile: la Vita Indipendente è un diritto umano e l’Assistenza Personale è uno dei suoi strumenti fondamentali. Il Comitato ONU, nel suo Commento Generale n. 5, ricorda che nessuno può essere escluso da questo diritto in base alle capacità cognitive, al modo in cui comunica o al livello di supporto necessario. L’autonomia non è il “sapersi arrangiare”, ma il poter contare sui sostegni che permettono di prendere decisioni, anche attraverso forme di supporto e accompagnamento. E qui sta il punto che inquieta molti sistemi di welfare: quando si costruisce male una legge sull’Assistenza Personale, immaginandola solo per alcune persone, gli esclusi sono sempre gli stessi. Chi ha disabilità intellettive, chi comunica in modo non convenzionale, chi ha bisogno di molto supporto è spesso considerato “troppo complesso” per gestire l’assistenza. E allora arrivano criteri come “piena autonomia decisionale”, “capacità di dirigere l’assistente”, “consapevolezza totale”, che sembrano tecnici ma producono una discriminazione profonda. In realtà sono proprio queste persone ad avere più bisogno di strumenti che le mettano al riparo da una dipendenza totale o da una vita chiusa dentro le mura domestiche, e finiscono invece per diventare il capro espiatorio che giustifica l’inerzia e il non far nulla. L’Assistenza Personale non è un lusso, non è una spesa superflua, non è un favore. È la possibilità per tutti di evitare l’isolamento, di restare nella comunità, di decidere con chi trascorrere il proprio tempo, di costruire relazioni, affetti, percorsi di studio e di lavoro. È ciò che consente allo Stato di mantenere fede agli impegni che ha già sottoscritto e che oggi, senza l’Assistenza Personale, rimangono lettera morta. Una Repubblica che afferma di tenere alla qualità della vita dei suoi cittadini non può ignorare ciò che accade quando la libertà viene sostituita dall’assistenza familiare, quando la dignità viene compressa da burocrazie che stabiliscono chi “merita” di scegliere e chi no. Già nel 2022 il nostro Parlamento scelse di voltarsi dall’altra parte, bocciando un’Istanza d’Arengo che chiedeva di affermare in modo concreto il diritto alla Vita Indipendente. Ora una nuova Istanza d’Arengo, analoga, sarà discussa proprio in questo semestre e rappresenta un bivio cruciale. San Marino può decidere se continuare a delegare ai familiari una responsabilità enorme e insostenibile, oppure se riconoscere finalmente alle persone con disabilità la possibilità di autodeterminare la propria vita. Speriamo che quelle forze politiche che negli anni hanno costruito la propria identità parlando di diritti, di inclusione e di attenzione alla disabilità ritrovino il coraggio e la coerenza che avevano promesso. Perché oggi, su questi temi, sembrano diventate silenziose, rivelando non solo una scelta politica di Governo, ma anche una rinuncia alla responsabilità morale di trasformare davvero un Paese che dei diritti ama parlare, ma che troppo spesso fatica a garantirli nella sostanza. Una legge sull’Assistenza Personale ben costruita non cambierebbe solo la vita di chi la riceve, ma migliorerebbe l’intero Paese. Perché una società inclusiva non è quella che “aiuta” i più vulnerabili, ma quella che crea le condizioni affinché ciascuno possa scegliere, essere presente, contribuire, essere parte della comunità come chiunque altro. In fondo, questo è il cuore dell’Articolo 19 della Convenzione ONU: nessuno dovrebbe essere costretto a vivere dove non vuole o dipendere da chi non ha scelto. Oggi San Marino deve decidere se vuole essere un Paese che garantisce solo surrogati di vita indipendente, o un Paese che garantisce libertà. La differenza è enorme, e da questa differenza dipende la vita e la dignità di tante persone.
Comunicato stampa – Il Consiglio Direttivo di Attiva-Mente












