San Marino. Associazione a delinquere e politica. A Palazzo aiutata da colpevoli complici o da “utili idioti” ? … di Enrico Lazzari

Non ci sono politici direttamente coinvolti nell’indagine incentrata sulla presunta attività, in San Marino, di una vera e propria associazione a delinquere “costituita -si legge nell’ordinanza- per compiere una pluralità indeterminata di reati in materia in materia bancaria-finanziaria, di ostacolo alle funzioni di vigilanza, contro la pubblica amministrazione, il patrimonio e la libertà personale, nell’interesse di Confuorti” e di “Banca CIS”.

Ma c’è più di un aspetto, in questa ordinanza -ormai nota nei suoi punti chiave- che appare degno di attenzione e che, fno ad ora, non è stato evidenziato. Il primo è il ruolo che, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe avuto l’allora giudice inquirente Alberto Buriani, preposto -si deduce- alla difesa degli “interessi dell’associazione e di Banca Cis, tramite l’esercizio orientato dei propri poteri d’ufficio”; il secondo è una rivelazione -anzi una conferma dei dubbi che da tempo sollevo- intrinseca nella descrizione del ruolo che avrebbe avuto Francesco Confuorti, il quale -sempre secondo l’ipotesi del giudice inquirente- “selezionava direttamente o si adoperava affinché venissero reclutati, nell’interesse delle finalità perseguite dal sodalizio, i funzionari di Banca Centrale”.

E qui, si noti bene, l’ordinanza usa termini precisi: “…si adoperava affinchè venissero reclutati”. Reclutati! E ciò sarebbe accaduto “quantomeno” con “Grais, Savorelli, Siotto, Granata, Matuella e Sommella”, tutti sei, a diverso titolo, funzionari di Banca Centrale. Ma il “reclutamento” e la successiva nomina agli incarichi apicali di Banca Centrale, non è una competenza politica? Non è il Congresso di Stato ad indicare il “prescelto” e, poi, il Consiglio Grande e Generale a decretarne la nomina? Sì…

Ho ritrovato, online, un vecchio articolo di Fixing dedicato, appunto, alla nomina con 32 voti favorevoli di Wafik Grais, oggi indagato con la pesante accusa di associazione a delinquere, alla presidenza di Bcsm. Era il gennaio del 2016 e il governo che lo indicò era composto da Pasquale Valentini, Gian Carlo Venturini, Gian Carlo Capicchioni, Marco Arzilli, Antonella Mularoni, Francesco Mussoni, Giuseppe Maria Morganti e Iro Belluzzi, quindi da una coalizione formata attorno al Pdcs e allargata ad Alleanza Popolare, Ns e Psd, quest’ultimo con al governo esponenti oggi in Libera.

Oggi -commentò in Aula, fra gli altri, Mario Venturini (all’epoca AP, oggi presidente di Repubblica Futura)- abbiamo un candidato di alto profilo che ha fatto una buona impressione alla politica e il risultato finale giustifica un giudizio più tenue sugli errori lungo il percorso della scelta”. Infatti, la minoranza non lesinò, nel relativo dibattito consigliare, sonore e pesanti critiche “sull’iter di selezione”, caratterizzato da “eliminazioni (di candidati, ndr) inspiegabili, per poi giungere alla nomina del candidato “prima messo in panchina”.

L’iter che portò alla nomina di Grais, quindi, sollevò qualche perplessità già all’epoca e assume, oggi, alla luce degli sviluppi giudiziari, assume sfumature ben più inquietanti di una innocente controversità dell’iter. Al tempo stesso, suonano diversamente le parole di Ivan Foschi in cui sottolineava “con disappunto il metodo seguito dal governo” e ricordava “l’autonomia di istituzioni come Banca Centrale, che non devono farsi influenzare da pressioni di qualsiasi tipo”. Aveva già all’epoca, il consigliere di Sinistra Unita, il sospetto di qualcosa che non quadrava appieno? E come lui Francesco Santi di Civico 10, che affermò: “Non si è capito perché si è arrivati al pastriocchio che è successo nell’ultimo periodo…”. Non mancò la sonora critica neppure di Federico Pedini: “E’ stata fatta la solita confusione. Il passaggio dai 47 ai 16 candidati non si è capito chi l’ha fatto”. Forse oggi, viste le recebnti cronache giudiziarie, qualche idea sul chi potrebbe venirci. Ma tant’è.

Perchè ho voluto ripercorrere il lontano capitolo della nomina di Grais al vertice di Banca Centrale, vi chiederete. Semplice, per evidenziare un aspetto che non viene affrontato nell’indagine in corso che vede indagati, con l’ipotesi accusatoria di associazione a delinquere, alcuni dei massimi esponenti della governance e dell’economia finanziaria sammarinese, nonché di una parte importante del Tribunale. Tutti, o quasi, ruoli di nomina politica, diretta o indiretta che sia.

Questa presunta associazione a delinquere avrebbe, quindi, potuto affermarsi ai vertici di organismi chiave come Banca Centrale, o imperversare indisturbata per anni e anni nel Tribunale, senza poter contare su pesanti complicità all’interno della politica? O, perlomeno, qualora non si evidenziano complicità -peraltro non emerse alla luce dell’ordinanza che ha svelato l’indagine in corso-, sarebbero potuti arrivare questi sodali ad influenzare l’intera gestione e vigilanza del mondo finanziario e bancario sammarinese, nonché l’amministrazione della giustizia, senza precise responsabilità di forze o singoli politici, oggi individuabili nei lavori di una seria commissione di inchiesta parlamentare?

I “Sessanta” non credono che i sammarinesi abbiano il diritto di sapere, al di là degli esiti di una inchiesta penale -come tale mirata ad individuare e perseguire violazioni di legge-, se la loro classe politica o parte di essa fosse collusa con questa eventuale associazione a delinquere o se, invece, chi ha permesso la scellerata affermazione della medesima -costata milioni e milioni alle casse pubbliche e dunque alla cittadinanza- fosse soltanto un distratto e inconsapevole “utile idiota”?

Questa indagine, al pari di altre decine di situazioni venute alla luce nel corso dei procedimenti in corso, primo fra tutti il processo “Buriani-Celli”, impone una iniziativa parlamentare di estrema chiarezza, concretizzabile soltanto -come scrivo da mesi- con l’istituzione di una Commissione consigliare di inchiesta che, però, nessuno -o quasi, solo Alleanza Riformista l’ha caldeggiata– sembra oggi volere… Meglio occultare la “spazzatura” sotto il tappeto? O, peggio, meglio continuare ad assistere a strumentalizzazioni, talvolta addirittura violente, finalizzate a mettere in difficoltà nel suo incarico, se non a cacciare, l’attuale vertice di Banca Centrale, che ha l’indiscutibile merito di aver combattuto con decisione ed efficacia, trovandosi anche al centro di controverse indagini giudiziarie, apparentemente finalizzate più a distruggerla che non a perseguire i canoni di legalità e giustizia, la deriva in cui sembrava piombata l’azione di Bcsm?

Non tornerebbe la pace nella governance finanziaria sammarinese -la cui azione è determinante per lo sviluppo– se i sammarinesi sapessero con precisione chi e quali partiti, dagli scranni della politica che conta, hanno colpevolmente o ingenuamente favorito l’affermazione di questa presunta associazione a delinquere? Il timore dei “Sessanta”, forse, è che un po’ tutte le forze politiche al potere all’epoca dei fatti possano avere una più o meno rilevante responsabilità?

Enrico Lazzari