San Marino. Associazione Ue, referendum troppo pericoloso: e se vincessero i no? (l’editoriale di David Oddone)

Nelle segrete stanze della politica si favella di come portato a casa l’accordo di associazione alla Ue, questa legislatura potrà dirsi conclusa.

Pare inoltre che una eventuale decisione verrà sottoposta ai sammarinesi attraverso un referendum.

Una scelta che non mi convince. Alcune valutazioni devono o dovrebbero essere frutto del coraggio della maggioranza o del governo di turno.

Come diceva De Gasperi “un politico è qualcuno che pensa alle prossime elezioni, mentre lo statista pensa alla generazione futura. Il politico pensa al successo del suo partito, lo statista al bene del suo Paese”.

Parole che andrebbero scolpite a caratteri cubitali sui muri di qualsiasi Parlamento.

E’ evidente che un voto positivo o contrario sull’Europa può essere condizionato dai sentimenti dell’immediato, dalla stretta attualità, o dalla capacità – o incapacità – di un eventuale comitato di riuscire a comunicare il proprio messaggio.

Troppo pericoloso. Il Titano si è ormai speso e spinto molto oltre coi partner d’oltre confine. E se vincessero i no? Mi pare insomma uno di quei casi in cui si vuole fare passare per democrazia la mancanza di assunzione di responsabilità e decisione.

In Italia, per fare un esempio, fu proprio quanto accaduto qualche mese prima a veicolare il referendum sul nucleare. L’11 marzo 2011 a Fukushima in Giappone, a causa di un terremoto e del conseguente maremoto, quattro esplosioni distrussero la centrale nucleare. Tutte le tv del mondo seguirono la tragedia alimentando la diffidenza verso l’energia atomica.

Ma torniamo a San Marino, cominciando col ricordare come nel 2013, un referendum ad hoc che chiedeva in soldoni di avviare la procedura di adesione (non associazione, ndr) all’Unione europea, non raggiunse il quorum. Altri tempi certamente.

Superato quel momento particolare, negli ultimi anni, si è diffusa l’idea che una maggiore integrazione, potrebbe portare diversi vantaggi. Tra le ragioni, la più evidente è rappresentata dall’accesso al mercato europeo, che garantirebbe al Titano un aumento del commercio e un sostegno alla sua economia.

L’associazione all’Unione Europea potrebbe portare un’armonizzazione delle leggi sul lavoro, sulla tutela dei diritti dei lavoratori. Le stesse leggi ambientali sarebbero più rigorose, contribuendo quindi alla salvaguardia del territorio e alla promozione di un turismo sostenibile. Inoltre, l’Unione Europea fornirebbe a San Marino maggiore accesso alle risorse finanziarie e agli investimenti.

D’altra parte, ci sono anche possibili effetti negativi. In primo luogo, i costi di adesione potrebbero essere molto alti, con l’applicazione di regole e normative alle quali non si è abituati, potendo causare uno shock culturale e una resistenza alla loro applicazione. Lo stesso mondo del lavoro – è l’altro lato della medaglia – potrebbe subire un contraccolpo alla luce della libera circolazione delle persone.

Si potrebbe altresì verificare una perdita di sovranità nazionale, lasciando ai partner europei il compito di stabilire politiche che potrebbero non essere in linea con gli interessi di San Marino.

Stiamo naturalmente ragionando coi dati che abbiamo oggi e certamente sintetizzando notevolmente un argomento che non può essere liquidato con un editoriale.

Anche per questo serve grande trasparenza nel processo – a maggior ragione se si vogliono coinvolgere i cittadini – ed è necessario esaminare attentamente i benefici così come i possibili “effetti collaterali”.

Ci si deve domandare in particolare, a mio modesto parere, se la cessione di una parte importante di sovranità sia più importante dell’accesso ai finanziamenti e se l’armonizzazione delle leggi e la conformità ad esse, rappresenti un obiettivo desiderabile per il Paese.

Avremo naturalmente modo nelle prossime settimane e mesi di ritornare e confrontarci su questi temi.

 

David Oddone

(La Serenissima)