Chi pensa che passata l’epidemia tutto tornerà come prima, magari con qualche apericena in meno ma sempre nel solco di “sesso, droga e rock and roll”, non solo si sbaglia ma rischia un risveglio assai poco divertente.
L’epidemia ha il triste merito di aver mostrato quanto il tessuto sociale del Paese sia lacerato ed ormai ridotto ad una somma casuale di comportamenti consumistici individuali.
A San Marino (che è un’Italia bonsai) si è andata ingigantendo, dietro preciso disegno delle lobby affaristiche vere padrone del Paese, l’incapacità della gente di reagire all’occupazione clientelare del potere da parte di gruppi di malaffare che non hanno esitato ad attuare comportamenti apertamente criminali come la storia recente del Paese ampiamente dimostra.
Insomma il disastro era nell’aria e si è poi puntualmente realizzato. L’epidemia non può essere un alibi per sottacere il vero nodo da sciogliere.
E’ mancata e manca una borghesia illuminata con una visione ed ambizioni all’altezza del microstato che è entrato nelle Nazioni Unite ed in altri organismi internazionali; è mancata e manca una classe dirigente che si identifica non con la partitocrazia ma con lo Stato e ne costituisce lo scheletro portante.
Infatti in questa dipendenza-connivenza della classe dirigente dalla partitocrazia finisce per selezionare i peggiori, non i più bravi ma i più fedeli, i più sensibili agli intrallazzi e alle prebende, quando non direttamente coinvolti nelle cordate di potere clientelar-assistenzial -mafioso.
Ai primi scricchiolii del sistema, dopo la stretta italiana contro i paradisi fiscali (fra l’altro ampiamente sopravvissuti come dimostrano Svizzera, Olanda Lussemburgo, Monaco ed Andorra), il sistema politico non ha avuto sufficienti anticorpi per un cambiamento adeguato.
La crisi dei partiti, ridotti spesso a centro di smistamento affari e mazzette da un lato, ed ufficio di collocamento dei fedeli dall’altro, ha prodotto movimenti populistici e antisistema quali Civico 10 e Rete, entrambi –uno prima ed uno ora – chiamati alla prova del fare che è assai più impegnativa di quella del dire.
Si è registrato comunque qualche segno di risveglio democratico.
La cittadinanza ha cominciato a mandare richieste di cambiamento: nel 2016 la vittoria al ballottaggio della coalizione Adesso.sm presentatasi come forza di cambiamento e con all’interno Civico 10.
Purtroppo tutti sappiamo come è finita. Un invischiamento progressivo negli affaires bancari e nelle ingerenze della gestione del Tribunale per gli stessi motivi.
L’8 dicembre scorso un secondo segnale che ha portato alla nascita dell’attuale Governo con l’alleanza fra Democrazia Cristiana, che ha vinto le elezioni con il 33% di voti, ed il Movimento Rete, l’altro partito in qualche modo antisistema.
Ora è il momento dei fatti. L’epidemia non deve essere il paravento per rimandare le decisioni difficili ma urgentissime per rifondare il sistema su base nuove e che devono essere le credenziali per chiedere le necessarie linee di credito e liquidità che necessitano per questa trasformazione oltre che per fronteggiare gli effetti dell’epidemia.
Urge liberare tutte le energie del Paese.
Tutti devono essere chiamati a dare il proprio contributo, non per tessera ma per competenza.
Tutti dobbiamo ritrovare lo spirito del dopoguerra per ricostruire, avviare, guardare avanti.
Quindi meno burocrazia, poche regole chiare ed uguali per tutti, ed una sana deregulation che torni a far divenire appetibile investire e vivere a San Marino.
Per favore un po’ di coraggio perché il terzo segnale saranno i forconi dei cittadini e la fine della nostra sovranità.
Dario Manzaroli
Repubblica Sm