San Marino. Azzerato il processo Varano, cosa cambia nell’inchiesta sul crack delle banche? … di Alberto Forcellini

La Corte di Forlì annulla tutti i capi di imputazione dell’indagine Varano, che portò in carcere i vertici di Cassa di Risparmio. Si dovrà ricominciare tutto da capo. Una fase inquirente tutta da rifare.

L’ordinanza, durissima, piomba come una mitragliata di Kalashnikov sulla relazione della Commissione d’inchiesta sulle banche, che mette in fila una lunga sequela di crack e oltre un miliardo e mezzo di debiti a carico dello Stato.

Inevitabile una serie di riflessioni su entrambi gli elementi, su cosa hanno causato e sulle conseguenze. Innanzi tutto, lo sconforto per lo smacco subito dalla Repubblica, la solidarietà e l’amarezza nei confronti di chi è stato colpito in prima persona, la desolazione per i danni che dalla vicenda Varano sono scaturiti a catena.

Ma cosa cambia l’ordinanza di Forlì rispetto alla relazione della Commissione banche? Se non fosse stata mai aperta l’indagine Varano, sarebbe stato tutto diverso? Forse sì, ma il meccanismo iniziato con il “sistema San Marino” era ormai ad uno stato di tale degrado, che comunque sarebbe scoppiato lo stesso mettendo a nudo tutte le criticità del Paese. La relazione le evidenzia in maniera chirurgica: mancanza di professionalità in ambito bancario e finanziario, mancanze di regole e controlli, concessioni politiche su basi esplicitamente clientelari. Le grandi ricchezze (personali) avvenute in quegli anni, la grande fluidità di denaro nelle banche e nelle casse dello Stato, non frutto di lavoro e di commerci legali, bensì di attività considerate illecite dovunque al di fuori dei confini, avevano maturato la convinzione, soprattutto all’interno, che San Marino fosse una specie di “paese del bengodi” dove tutto era lecito e tutto era possibile. Dove tutti, o quasi, potevano diventare ricchi facilmente.

La politica, ovviamente, è stata la prima responsabile di questi madornali errori, tra cui anche quello di non aver saputo investire parte di quella ricchezza in infrastrutture, cultura e servizi. Almeno queste cose sarebbero rimaste. Invece è rimasta solo la riflessione sulla chiusura delle banche, sul fallimento della piazza finanziaria, sull’immagine di paese canaglia, sulla voglia di tutti di andare ad indagare le responsabilità.

La seconda parte della relazione, impostata sulla ricostruzione del “progetto Confuorti”, rispetto alla prima, evidenzia il disegno criminale. Che era già partito in anni diremmo non sospetti, contando sulla fragilità del sistema proprio perché non aveva regole, non c’erano competenze in grado di contrastare qualche presunto tecnico/consulente/esperto venuto dal Lussemburgo, non c’era un’etica politica dominante in grado di leggere e comprendere quanto stava succedendo. Così è stata azzerata la classe politica di quel periodo a suon di inchieste e di processi, non per cambiare pagina ma per occupare impunemente le istituzioni e svuotare le banche, lasciando allo Stato solo debiti e macerie.

L’indagine Varano è scoppiata proprio nel mezzo di queste due fasi, uno tsunami giudiziario per contrastare il quale San Marino non aveva gli uomini, né le competenze, né la credibilità. Una vicenda, oltre tutto alimentata dagli “errori” che San Marino aveva cominciato a fare anche fuori confine.

Oggi, una Repubblica così pesantemente colpita da un ventennio di follie, si lecca le ferite. Non solo, ma si trova a dover gestire vicende per nulla finite. Come ad esempio un altro maxi processo, qual è il processo Mazzini, costruito sulle sabbie mobili di una fase inquirente più e più volte contestata dagli avvocati per la sua inconsistenza, in gran parte raccontata a suo tempo da giornalisti non asserviti al potere dominante. Visto cosa è successo a Forlì per lo stesso aspetto, è legittimo chiedersi come andrà a finire.

C’è una situazione debitoria a livelli allarmanti, che deve fare i conti con una serie di riforme languenti da anni su tutti i settori: dalla sanità, alle pensioni, alle fiscalità, perfino il PRG è fermo da oltre 30 anni; con infrastrutture e servizi carenti e arretrati. E forse ci sono appetiti che non si sono ancora placati, speranzosi di poter accedere oggi come un tempo alla tavola del ricco Epulone.

C’è un sistema bancario da riprendere per mano, dal punto di vista economico e normativo, per recuperare accountability e misurarsi dignitosamente con l’esterno. C’è un ospedale ormai antiquato e costosissimo, con cui è stata gestita una pandemia difficile, imprevedibile e soprattutto devastante, che non accenna a fermarsi. Ci sono da rifare molte scuole e molte strade, bisogna pensare alla transizione ecologica e quindi c’è un’economia tutta da riscrivere. C’è un’inflazione galoppante e un rincaro spaventoso di tutte le materie prime. Eppure non si è perso il vizio, da parte di certa politica, di pensare al proprio orticello. Perché come diceva un noto personaggio italiano di qualche anno fa: è meglio tirare a campare che tirare le cuoia.

Al momento quindi, nessuna conclusione. San Marino ha davanti a sé una storia tutta da scrivere. Bisogna vedere chi prende la penna in mano e se saprà scrivere.

a/f