Il Consiglio Grande e Generale, pur con qualche distinguo “tecnico” e il voto contrario della “solita” Repubblica Futura, ha confermato a larghissima maggioranza, inappellabilmente, la fiducia al Presidente di Banca Centrale, che resterà alla guida del massimo organismo di “governo” e vigilanza finanziaria per altri cinque anni.
Una conferma importante che, nella “sostanza”, va oltre la semplice nomina. Infatti, la “prima stagione” della -chiamiamola- “Era-Tomasetti” ai vertici di Bcsm, si è snodata in uno scenario quanto mai complesso per la Repubblica di San Marino, caratterizzato, cioè, da momenti di incredibile strapotere della ormai famosa “Cricca”, impegnata ad asservire ai suoi bisogni i massimi organismi finanziari e, talvolta, politici del Titano.
In pratica, secondo quanto si deduce da una attenta analisi della relazione finale della Commissione di Inchiesta su Banca CIS -le cui conclusioni paiono addirittura “annacquate” vista l’unanimità trovata nella sua approvazione consigliare e le ombre emerse negli ultimi mesi su almeno una forza politica che ebbe un ruolo importante nei lavori di quella Commissione- la “gestione” di Banca Centrale appariva come uno degli obiettivi chiave della “governance” di Banca Cis, la quale nel perseguire l’obiettivo avrebbe potuto contare su “amicizie” politiche, nei media e addirittura all’interno della magistratura sammarinese.
Tutto iniziò nel 2010 con la revoca dell’incarico del vertice della Vigilanza, Stefano Caringi, a cui fecero seguito le dimissioni di Presidente e Direttore di Banca Centrale, rispettivamente Biagio Bossone e Luca Papi. Dimissioni che, si ricordi, furono al veleno, come rivelò Il Resto del Carlino nella sua edizione del 9 febbraio 2010: “Il Governo dice di rispettare l’autonomia della vigilanza -affermano Bossone e Papi-, ma non dice delle interferenze e delle pressioni esercitate sulla Banca centrale per condizionarne l’azione di vigilanza, volte a sospendere ispezioni scomode, concedere autorizzazioni in assenza dei requisiti, ammorbidire interventi e sanzioni”.
Da allora il massimo organismo di governance finanziaria della Repubblica di San Marino è stato al centro di scontri e vere e proprie guerre che ne hanno minato l’autorevolezza e la stabilità gestionale. Dimissioni, “incoraggiate” o realmente autonome furono all’ordine del giorno… Al pari delle liquidazioni bancarie, del “caso Titoli” e così via, vicende costate poi milioni e milioni alle casse pubbliche e quindi ai sammarinesi.
Poi, la svolta, il 9 maggio 2018, con la nomina da parte del Consiglio Grande e Generale, a maggioranza e -mi ha ricordato nei giorni scorsi un personaggio di primo piano di quel governo- nonostante Repubblica Futura e alcuni consiglieri di maggioranza avessero precedentemente spinto per un candidato alternativo, Giacomo Neri, con 31 voti a favore e la minoranza uscita dall’Aula di Catia Tomasetti.
Una nomina, questa della Tomasetti, che si inserì nel pieno della vicenda titoli già oggetto della famosa “Ordinanza Morsiani”. E proprio questa vicenda indusse l’opposizione a disertare in massa il voto: “L’ordinanza del giudice Morsiani – spiegò il testo di una nota verbale letta in Aula da Massimo Andrea Ugolini (Pdcs), oggi Segretario di Stato alla Giustizia- arriva a formulare ipotesi di reato, mostrando che la sfera di influenza del gruppo solidale formato dai vertici di Bcsm, dai referenti Banca Cis e dalla galassia Confuorti non solo ha interessato la vicenda Titoli, ma tutta l’operatività del governo sul sistema bancario, fino alla decretazione di urgenza e alla definizione del bilancio di Carisp e al finanziamento del sistema economico nazionale”. Quindi “poiché il contesto in cui sta per avvenire la nomina del presidente Bcsm è quello sopra descritto -terminò- per rispetto della persona e della professionalità della dott.ssa Catia Tomasseti, riteniamo di non potere partecipare al voto”.
Nella sua audizione in Commissione Finanze tenuta prima della nomina e che vide prima di lei protagonista il Prof. Neri, la Tomasetti spiegò la sua linea: “Banca Centrale -disse- deve mantenere forte la sua indipendenza quale autorità di vigilanza, però deve essere anche un’autorità dialogante”. E così, in questi cinque anni, ha fatto, armandosi di una indistruttibile “armatura” che le ha permesso di respingere attacchi veementi e indagini giudiziarie arrivate -coincidenza- in momenti chiave per il futuro di Banca Cis, nonché una sorta di “mobbing” in alcuni organismi dove i vertici di Bcsm erano affiancati a componenti politiche.
La riconferma di ieri ha quindi un peso importante per essenzialmente due aspetti:
• la capacità della Presidente di conquistare “sul campo” il consenso anche di chi non votò favorevolmente alla sua prima nomina, grazie alla sua azione e alla sua determinazione nel garantire l’autonomia dell’istituto attraverso decisioni ispirate soltanto dal rispetto delle regole e delle normative e quindi all’interesse primario dello Stato;
• la conferma che la politica, trasversalmente, andando oltre la divisione fra maggioranza e opposizione, con la sola contrarietà di Repubblica Futura, ha dato alla sua nomina e quindi al proseguimento dell’azione che ha caratterizzato l’ultimo quinquennio di Banca Centrale.
Un quinquennio caratterizzato, come anticipò la Presidente, da una Banca Centrale capace di mantenere “la sua indipendenza” restando, al contempo, una “autorità dialogante”. Ma soprattutto, una gestione quinquennale senza mai cedere alle anche pesanti pressioni della “Cricca”, il cui potere, oggi, con la riconferma della stessa Catia Tomasetti al vertice di Banca Centrale, si può dire definitivamente tramontato.
Enrico Lazzari
