San Marino. BANCA CIS, L’ANALISI. Focus sui possibili scenari

Dopo la proroga scontata del blocco dei pagamenti in tanti, cittadini e risparmiatori, si chiedono come potrà, ed in quali termini, avvenire la continuità aziendale di Banca Cis. Gli aspetti da valutare sono diversi. Il primo è rappresentato dallo sblocco dei pagamenti che avverrà entro il 21 luglio, salvo ulteriori e improbabili (?) decreti ad hoc.

Perché i clienti possano accedere nuovamente ai propri risparmi occorrerà che la banca o meglio le sue attività e passività vengano cedute ad un’altra banca che abbia la forza di affrontare l’apertura degli sportelli. In passato, unico caso a San Marino, solo Asset Banca, acquisendo Banca Commerciale, riuscì nella difficilissima impresa di far fronte alle richieste allo sportello dei risparmiatori, pagando tra l’altro anche le subordinate della Banca incorporata, dopo un lungo blocco dei pagamenti di quest’ultima. Vale a dire che a far fronte alle richieste dei risparmiatori che si presenteranno allo sportello dovrà esserci un gruppo che abbia la liquidità, la forza e la preparazione di soddisfare o trattenere i risparminatori di Cis.

Altro grosso problema sarà quello di intervenire sull’eventuale buco di Cis da parte dello Stato o con emissione di titoli, nazionalizzando la Banca, o cedendo ad altre banche le attività e passività tramite il famoso “spezzatino” riconoscendo il credito di imposta corrispondente al deficit ereditato dai singoli istituti bancari intervenuti nel salvataggio. In passato è stato fatto con Credito sammarinese ma viste le diverse dimensioni delle due banche (Cis molto più grande di Credito Sammarinese) l’ipotesi può considerarsi remota in quanto in questo periodo non ci sono banche dalle spalle abbastanza larghe da poter sopportare risparmiatori “in fuga” con conseguente fuoriuscita di altra liquidità (vedi dati di Banca Centrale).

Il capitolo dipendenti non deve restare ai margini. Ci sono circa 80 famiglie che aspettano di sapere che ne farà la loro fonte di reddito, rappresentata dal lavoro, che gli consentirà di mantenere il proprio tenore di vita. Anche qui la soluzione potrebbe arrivare dall’intervento di un gruppo con un progetto bancario serio e diverso dalle mission delle altre banche con un management illuminato ed esperto, che riesca non solo a convertire le mansioni dei dipendenti, cosa che non si rivelerebbe difficile, ma che riporti professionalità con la precisa caparità non solo di ristrutturare ma soprattutto di sviluppare le varie attività dell’oggetto sociale.

C’è bisogno più di sviluppo che di ristrutturazioni che ne sono una conseguenza.

In ultima analisi, il tema della responsabilità degli azionisti, degli amministratori e del management è tema non inessenziale sul quale tuttavia è mancato un approfondimento.

È bene chiarire che quando si prestano denari ad imprese che richiedono affidamenti e che sono meritevoli di credito e poi, per svariate ragioni collegate alla varie crisi micro e macro di settore, l’azienda non riesce a far fronte ai propri pagamenti, questo non deve essere annoverato tra le azioni di responsabilità di chi ha concesso i finanziamenti.

Diverso è il caso di chi usa e abusa del ruolo di amministratore o dirigente per dare soldi ad aziende decotte o fornisce liquidità per altri imprecisati motivi. Qui occorre fare piena luce: quali dei due casi sono avvenuti in Banca Cis? Al di là delle varie commissioni di inchieste politiche che sono tutt’altra cosa. La RepubblicaSM