Sono stati due gli incontri che Stratos, il gruppo che intendeva acquistare Banca Cis, ha avuto con il governo AdessoSm. In uno di questi, il secondo, la delegazione di Stratos, accompagnata a Palazzo Begni da Stefania Lazzari, vedeva al suo interno anche un generale libico in un momento in cui la Libia era divisa in due e con un’ampia parte di essa in mano al terrorismo islamico. Il Generale non venne ammesso alla sala riunioni non essendo parte attiva del gruppo acquirente, ma la sua presenza non sembrò allarmare più di tanto Marco Podeschi (RF), nonostante ogni operazione bancaria fatta con la parte di Libia in mano all’Isis fosse considerata, all’epoca, un crimine internazionale.
Più che per il processo in sé, il procedimento che vede imputati l’ex Segretario di Stato Simone Celli e il Commissario della Legge Alberto Buriani -il “padre” delle eclatanti inchieste, quando chiuse, incapaci di registrare alcuna condanna definitiva eccellente, ma ugualmente capaci di spazzare via una intera classe politica sammarinese- appare quanto mai interessante grazie alle dichiarazioni che, giorno dopo giorno, udienza dopo udienza, riecheggiano nell’Aula “grande” dei Tavolucci dal banco dei testimoni, che sino essi di accusa o di difesa.
Grazie a queste, come ho approfondito dal marzo scorso e per settimane intere su queste stesse pagine elettroniche, è emersa una riscrittura alternativa della storia sammarinese dell’ultimo decennio. O, meglio, per essere precisi, sono emersi una serie di eventi che, uniti uno con l’altro -qualora inappellabilmente e autorevolmente confermati, ad esempio da una apposita Commissione parlamentare di inchiesta- arrivano a cancellare ogni autorevolezza di fatti (ad esempio il Processo Mazzini e le relative custodie cautelari in carcere) che hanno pesantemente influenzato gli assetti di potere dell’ultimo decennio.
Non mi riferisco soltanto al primo di questi arresti, che secondo la testimonianza di Federico D’Addario potrebbe essere stato caldeggiato da Daniele Guidi di Banca CIS, ma al fatto che le misure cautelari sono state disposte nei confronti dei tre personaggi più influenti e potenti della -chiamiamola- “Prima Repubblica” sammarinese, dei quali, per ora, ben due su tre possono contare su una sentenza definitiva di assoluzione con formula non dubitativa o proscioglimento, mentre il terzo, Gabriele Gatti, per un paio di decenni personaggio più potente della politica biancazzurra, sarebbe ancora in attesa delle motivazioni della sentenza di primo grado emessa nell’ottobre scorso, in assenza delle quali non può ancora produrre lo scontato ricorso in appello. Misure cautelari che hanno inappellabilmente decretato la “morte” politica immediata dei tre leader politici, e non solo di loro.
E non mi riferisco solo alle conclusioni -oggi palesemente incomplete relativamente al decennio buio della storia sammarinese- della Commissione di inchiesta su Banca CIS, che ha comunque il merito di aver “scoperchiato” autorevolmente il “pentolone”, ma “dimenticando” di appurare -come emerge oggi delle testimonianze rilasciate nelle udienze del processo Buriani-Celli- eventuali complicità politiche con la famosa “cricca”. Complicità che oggi, dopo le autorevoli testimonianze, appaiono razionalmente possibili.
Commissione di inchiesta o non commissione di inchiesta -nessuno in Consiglio Grande e Generale sembra interessato a far piena luce, se non altro per dissipare gli inquietanti sospetti e le pesanti ombre- la storia la sta comunque riscrivendo ogni udienza del procedimento giudiziario che vede imputati un Commissario della Legge, un Segretario di Stato e un paio di giornalisti dell’organo di informazione che diede ampio risalto alle tesi accusatorie nei procedimenti contro Gatti, Podeschi, Stolfi e mezza politica degli anni precedenti. Ipotesi di reato pesanti, si ricordi, poi non confermate nelle sentenze definitive fino ad ora emesse.
Proprio da queste udienze, dal tono e dal merito delle testimonianze, spesso diametralmente opposte in base al ruolo o all’appartenenza politica del testimone, emerge un quadro di massima ben definito: da una parte, ostile all’attuale dirigenza di Banca Centrale (si ricordi, sotto la quale è naufragato il progetto di Stratos di acquisire le quote di Banca CIS), Repubblica Futura; dall’altra -salvo qualche eccezione personalistica- tutto il resto della maggioranza che componeva il governo AdessoSm e che ha supportato con decisione e senza equivoci il nuovo corso di Bcsm.
Ben inteso, in politica ogni posizione è legittima e l’altro ieri, dal banco dei testimoni, Marco Podeschi, Segretario di Stato di RF nella scorsa legislatura, ha motivato eloquentemente la posizione di RF tesa a favorire un passaggio di consegne della Banca guidata da Daniele Guidi, adducendo una indicazione che sarebbe giunta nientemeno che dal Fondo Monetario Internazionale e nella quale si sarebbe messo in guardia il governo del Titano sull’insostenibilità economica per lo Stato di sanare una ennesima crisi bancaria. Crisi che un passaggio di mano di Banca Cis avrebbe evitato o, secondo alcuni, solo rinviato.
Sui metodi, invece, che potrebbero essere stati usati -come si deduce dalle stesse testimonianze, in primis quella di Catia Tomasetti, Presidente Bcsm- qualche perplessità, qualche sospetto e qualche dubbio appare giorno dopo giorno, testimonianza dopo testimonianza, sempre più giustificabile. Non fa eccezione la testimonianza lucida e circostanziata dell’altro ieri di Podeschi. Almeno in certi suoi passaggi. Passaggi ad effetto -non a caso esasperati ieri da una parte dell’informazione sammarinese- ma privi di qualunque valenza processuale o storica.
“Ero furibondo per le interlocuzioni avute dalla Presidente di Bcsm con il capo dei Servizi italiani”, ha sostenuto Podeschi dal banco dei testimoni. Per poi, ciliegina sulla torta, aggiungere: “In quel periodo ho avuto la percezione di essere intercettato e pedinato”. E il titolone, nonostante il tutto sia riconducibile a semplici sensazioni personali, suffragate dal nulla (perlomeno secondo quanto detto in Aula), è servito! …Fortunatamente, al contrario dei tempi del “Mazzini”, i processi sammarinesi, oggi, non si celebrano più sui media.
L’incontro fra due esponenti di famiglie amiche da lungo corso, ovvero la Tomasetti e il Generale Carta, peraltro reso noto dalla stessa Presidente di Bcsm -senza la cui rivelazione nessuno avrebbe mai saputo di quell’amichevole rimpatriata-, si trasforma in un caso di Stato che, in Podeschi (RF), genera preoccupazione e inquietudine, al punto d’indurlo ad abbandonare anticipatamente i lavori del Congresso di Stato dell’otto aprile 2019… Di lì a poco, 15 aprile, il vertice di Bcsm si trovò stretto fra due fuochi: da una parte RF e le azioni dei suoi Segretari di Stato in seno agli organismi congiunti; dall’altra il Tribunale con l’inchiesta di Buriani incerata sulla stessa e sull’On. Sandro Gozi. Il tutto condito dai “consigli” di Simone Celli. Eloquente, si ricordi, l’invito che Celli rivolse alla Tomasetti affinché si avvicinasse a Nicola Renzi e Mario Venturini, ambedue personaggi con ruoli di spicco appartenenti a Repubblica Futura.
Tornando alla testimonianza di Podeschi, non si può certo eccepire sui sentimenti e sulle sensazioni personali. Ma, vien da chiedersi: se suscita profonda preoccupazione, al punto da rendere “furibondi”, un incontro fra amici di famiglia, come può non suscitare la stessa preoccupazione, in un esperto di geopolitica quale è Podeschi, la “strana” presenza di un Generale libico –o sedicente tale- nella delegazione di un gruppo finanziario che si prefigge di acquistare una banca sammarinese, specie in quel periodo in cui la Libia era divisa in due, con un’ampia parte di essa saldamente nelle mani del terrorismo islamico, tanto da rendere ogni attività bancaria intercorsa con quella parte un crimine internazionale?
Enrico Lazzari