San Marino in black list. Siamo matti o non si parlano in Italia (oggi)?

confineProbabilmente qui a San Marino siamo matti. Pensavamo infatti di essere usciti dalla black list italiana; di avere finalmente imboccato la strada della trasparenza; di essere partner affidabili per l’Italia. Stamattina invece, al risveglio, abbiamo scoperto che come in un film di fantascienza, la realtà è cambiata sotto i nostri occhi. Secondo l’autorevole quotidiano “Italia Oggi”, siamo infatti ancora brutti, sporchi e cattivi.

Il giornale titola: San Marino è nella black list.

Parole non virgolettate, che rappresentano così un fatto certo e assodato. Superfluo probabilmente descrivere che cosa comporti un titolo del genere per il sistema Paese, visto che per il meccanismo perverso della rete, in tanti hanno ripreso e letto l’articolo. Il danno di immagine è evidente.

Dicevamo comunque che sul Titano siamo matti, visto che eravamo convinti di essere ormai usciti dal “tunnel”. Fortunatamente per noi però, siamo in buona compagnia.

Prendi il Presidente di Bcsm, Wakif Grais, che da giorni va predicando di come San Marino punti alla trasparenza e di come la Repubblica oggi sia perfettamente integrata all’interno degli standard internazionali.

Prendi il Fondo Monetario Internazionale, che in questi giorni era in visita qui e ha elogiato il Titano per i passi avanti compiuti, per l’uscita dalla black list, per il rapporto recuperato con l’Italia.

Prendi ancora l’Ocse, che ha sottolineato quanto fatto in materia di scambio automatico di informazioni. Prendi pure il parlamento europeo, con Pierre Moscovici, Commissario per gli Affari economici e finanziari, che solo qualche giorno fa ha brindato all’accordo con San Marino che, parole sue, “è un ottimo esempio delle nuove norme per la trasparenza globale sulle questioni fiscali e riflette la determinazione di San Marino per la loro attuazione. Sia la Ue che San Marino hanno dimostrato la loro volontà di contrastare l’evasione fiscale internazionale”. Una vera e propria gabbia di matti.

Argomenta Italia Oggi: “San Marino è ancora nella black list fiscale per la Guardia di finanza con conseguenze di non poco conto per chi, contribuente italiano, è stato trovato correntista dal 2009 al 2014 in uno degli istituti bancari del piccolo stato. La prima conseguenza è essere destinatario di uno dei questionari inviati dalle Fiamme gialle nell’ambito dell’operazione ‘Torre d’avorio’ che sta passando al setaccio oltre 24 mila posizioni di contribuenti italiani in odor di elusione fiscale. Nella lettera inviata dalla Gdf, che ItaliaOggi è in grado di raccontare, San Marino viene dunque considerato ancora paese black list. Da questa considerazione discendono conseguenze di non poco conto. In particolare, scatta la presunzione ex art. 12 del dl 78/2009, per cui gli investimenti e le attività finanziarie ivi detenute si presumono costituite, salvo prova contraria, con redditi sottratti a tassazione; del raddoppio delle sanzioni; e non ultimo del Raddoppio dei termini di accertamento e anche della presunzione di residenza per quei cittadini italiani che sono stati cancellati dall’anagrafe della popolazione e risultano trasferiti a San Marino”.

Ciò che sconcerta è che questo articolo, arrivi proprio dopo i recentissimi e numerosi attestati di stima riscossi dall’Antica Repubblica.  Anche perché il fatto che il Titano sia un Paese perfettamente collaborativo, comporta in primis che la guardia di finanza possa acquisire tutte le informazioni di cui necessita. E il nostro Tribunale non si tira certo indietro in caso di richiesta di collaborazione, così come non si tirano indietro Aif e Clo.

Non si comprende dunque dove stia il problema e perché la frittata venga rigirata in negativo, sostenendo un concetto privo di fondamento (tecnicamente parlando), ovvero che siamo in black list. Non sappiamo cosa vogliano fare Banca Centrale, Segreteria Esteri e Finanze. Noi, di certo, non ci stiamo ad essere nuovamente messi alla berlina. Tanto più che come noto la trasparenza i sammarinesi la stanno pagando a caro prezzo.

La riconversione dell’economia ha comportato la chiusura di aziende, disoccupazione e nuove tasse. Diventa così ancora più inaccettabile questo atteggiamento, che ha il sapore della beffa. Sempre per rimanere al concreto, proprio alla chiusura della Voluntary Disclosure, su oltre 129mila istanze presentate per l’emersione dei beni, anche il Titano ha dato il suo contributo. Non lo ha detto Tribuna, ma il viceministro italiano Casero, che ha avuto modo di dichiarare: “Svolta anche grazie agli accordi sottoscritti”.

Il punto dunque è semplice e la domanda viene da sé: Titano e Italia vogliono e possono collaborare, oppure si preferisce tornare ai tempi di Tremonti, con una guerra mediatica a suon di articoli e comunicati stampa? Sarebbe auspicabile un maggiore coordinamento fra gli organi politici italiani e la guardia di finanza. Siamo matti noi o non si parlano in Italia (Oggi)?

La Tribuna