San Marino. Black Monkey: parti lese due imprenditori ?operanti sul Titano

Avv. Elisa Palmetti

L’avv. Palmetti: “Con la loro testimonianza hanno contribuito all’applicazione del 416 bis”.

La paura del boss fa si che molti testi non si siano presentati in Aula. Fra la parti civili del processo “Black Monkey” c’erano anche due imprenditori di Imola che operano a San Marino. Quella emersa e? una sentenza storica per il Nord Italia, dove viene contestato e applicato il 416 bis, ovvero l’associazione di stampo mafioso.

Il Tribunale di Bologna ha condannato tutti e 23 gli imputati, infliggendo la pena piu? alta, 26 anni e 10 mesi, a Nicola Femia, ritenuto il vertice di un gruppo legato alla ‘ndrangheta che faceva profitti con il gioco illegale. Le pene hanno in alcuni casi superato le richieste del Pm della Dda Francesco Caleca che per Femia, appunto, aveva chiesto 24 anni e 6 mesi. Dopo due anni e mezzo di udienze, il Tribunale ha anche disposto risarcimenti alle parti civili, il piu? alto da un milione alla Regione Emilia-Romagna. Risarcimenti anche per il giornalista Giovanni Tizian e per l’ordine dei giornalisti.

Parla il legale delle parti lese. 

Cosi? a Tribuna, l’avv. Elisa Palmetti – nella foto – del foro di Rimini, che assiste i due imprenditori di Imola: “Siamo soddisfatti per una sentenza a suo modo storica, visto che viene riconosciuta l’aggravante mafiosa. Per quanto riguarda i miei assistiti, sono venuti in contatto con il commercialista del boss per motivi di lavoro. Secondo quanto contestato nel capo di imputazione, lo stesso commercialista avrebbe poi chiesto loro una importante somma di danaro per veicolare i controlli dei finanzieri. Ovviamente erano solo millanterie. I miei assistiti sono stati quindi esaminati nel processo in qualita? di testimoni. E’ stato lo stesso pubblico ministero a sottolineare come la loro testimonianza sia stata importante per contestare il 416 bis, perche? ha contribuito a fare comprendere il timore e il condizionamento ambientale che si percepiva”. Senza contare che la paura del boss ha fatto si che molti testi non si presentassero in Aula.

Una pietra miliare

Al di la? delle condanne l’importanza di questa sentenza e? di sancire definitivamente come le mafie al nord ci siano eccome, e chiarire senza indugi che per contrastarle degnamente sia necessario utilizzare gli strumenti idonei, quale ad esempio la sussistenza dell’associazione di tipo mafioso contestata a 14 persone, considerando anche i concorrenti esterni. Il Pm Caleca nelle tre udienze di requisitoria in cui aveva ripercorso il quadro accusatorio aveva tratteggiato le caratteristiche del gruppo, riferendosi ai rapporti con organizzazioni di stampo ‘ndranghetistico, ma anche ad un potere intimidatorio autonomo, tipico a suo avviso delle ‘nuove’ formazioni di ‘ndrangheta, presenti nelle regioni del Nord Italia. Un gruppo concentrato sui propri interessi economici, attento ai rapporti con persone dentro alle forze dell’ordine e a quello che i mezzi di informazione scrivono di chi ne fa parte. Fino ad ora l’associazione mafiosa non era stata riconosciuta nei giudizi: gli imputati che avevano optato per l’abbreviato hanno visto confermare recentemente condanne dalla Cassazione, che pero? non ha riconosciuto l’associazione mafiosa, come in precedenza non fece il tribunale del Riesame.

David Oddone, La Tribuna